Il tanto atteso semestre di presidenza Ue della Germania inizia oggi fra grandi attese (e speranze) affinché questo possa dare la necessaria accelerata ai negoziati per sbloccare la situazione di stallo a Bruxelles sulla proposta della Commissione europea per la ripresa economica, in ordine ai 750 miliardi del Recovery, proposta peraltro caldeggiata proprio dalla stessa Merkel e da Macron. Ma a caratterizzarne invece il debutto sono le scintille a distanza fra la cancelliera tedesca e il premier italiano Giuseppe Conte. Casus belli ancora una volta il famigerato Mes. In un’intervista a diversi quotidiani europei la Merkel ha sottolineato che “gli strumenti messi in campo dall’Europa (non solo il Mes con linee di credito sanitarie ma anche lo Sure e i fondi messi a disposizione dalla Bei, ndr) non sono stati creati per essere lasciati inutilizzati.
Pur chiarendo che la scelta di farvi ricorso o meno “è una decisione italiana”, l’affermazione ha immediatamente innescato il solito vespaio di polemiche politiche e anche la secca risposta del primo ministro italiano: “A far di conto sono io, col ministro Gualtieri, i ragionieri dello Stato e i ministri”. In ogni caso Conte prende tempo: il voto in Parlamento sui 37 miliardi del Mes era atteso per il 7 luglio, invece ci sarà al momento un’informativa del premier in vista del del Consiglio europeo del 17 e 18 luglio in cui si parlerà solo del suo mandato a trattare per il Recovery Plan. Ma in pressing affinché accetti il Salva – Stati non ci sono solo la Merkel e i vertici comunitari.
Il segretario dem Nicola Zingaretti ha ribadito l’altro giorno con una lettera al Corriere la necessità di accedere subito ai fondi per la sanità. E in gioco stavolta, dopo le dichiarazioni del sindaco di Bergamo Gori e quelle (più morbide ma altrettanto chiare) del governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini, sulla leadership del Partito Democratico e sulla necessità di smarcarsi da un “appiattimento” sull’alleato di governo, i 5 Stelle, e sul capo stesso dell’Esecutivo, ci sono anche la sua credibilità e autorevolezza. E qui il ragionamento travalica ovviamente quello sugli strumenti europei da utilizzare, ma in ogni caso sono parte integrante dei malumori che serpeggiano dalle parti del Nazareno sulla linea zingarettiana.
A spingere poi sulla necessità di ricorrere al Mes sono anche altri due pesi massimi in casa dem (e in Europa), il presidente dell’Europarlamento David Sassoli e il commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni. Sul versante opposizione, nota è la posizione di Silvio Berlusconi e di tutta Forza Italia, sì a l Mes e subito. Radicalmente opposto, nel centrodestra, il pensiero in merito della leader di FdI Giorgia Meloni e di quello della Lega Matteo Salvini che ha indirizzato al quotidiano di Via Solferino una lettera aperta a Zingaretti in risposta a quella del segretario Pd, in cui spiega i motivi della sua contrarietà ad accettare i soldi del Mes: sottoscrivere gli accordi significherebbe “ipotecare il futuro dei nostri figli”, un guinzaglio che l’Europa metterà all’Italia per i prossimi 10 anni.
Ma anche tra i meno euroscettisci c’è chi non non gradisce la condizionalità da cui non si può scappare, cioè la sorveglianza su come saranno usati i fondi. Conte nelle prossime settimane si troverà dunque a sbrogliare una matassa di non facile soluzione, anche perché in questa partita i big grillini, con Di Maio in testa, hanno lasciato l’onere della decisione all’inquilino di Palazzo Chigi. Così il ministro degli Esteri ha detto a proposito del Mes: “È meglio che io non intervenga direttamente sul tema, per non indebolire le trattative. Il presidente del Consiglio ritiene che sarà sufficiente il Recovery Fund e io non dubito delle sue parole”.