Chi si aspettava una linea morbida nei confronti del governo, in occasione delle sue prime considerazioni finali da governatore della Banca d’Italia, è rimasto parzialmente deluso. Fabio Panetta non ha bacchettato l’esecutivo che lo ha nominato, questo è vero, ma ha lanciato qualche messaggio che probabilmente alla maggioranza non sarà piaciuto. Uno su tutti: in Italia servono più immigrati regolari. Un segnale diverso rispetto a quello lanciato più volte da Giorgia Meloni o da Matteo Salvini, che contro l’immigrazione ci hanno costruito diverse campagne elettorali. Almeno finché non sono arrivati a Palazzo Chigi.
Il punto su cui si sofferma Panetta è caro al governo e riguarda il calo demografico. Ma la soluzione è diversa rispetto a quella proposta dalle destre. A suo giudizio un deciso aumento dei tassi di occupazione potrebbe “controbilanciare gli effetti del calo demografico e mantenere invariato il numero degli occupati”. Inoltre, spiega il governatore della Banca d’Italia, è “possibile che un sostegno all’occupazione derivi da un flusso di immigrati regolari superiore a quello ipotizzato dall’Istat”. Questo flusso dovrà essere gestito, insieme agli altri Paesi europei, ma “rafforzando le misure di integrazione”.
La prudenza e la fiducia di Panetta: avvertimenti su debito e Pnrr
Panetta, però, non si è sbilanciato nel suo discorso e non è intervenuto direttamente sulle politiche del governo. Né in tema di riforme né di manovra e di spazi contabili. Il messaggio del governatore sembra invece proiettato al concetto di fiducia, con l’obiettivo che l’Italia torni a crescere “per contare in Europa” e la speranza che l’integrazione europea avanzi ed eviti il “rischio di irrilevanza” dei singoli Stati membri. Per quanto riguarda l’Italia, per Panetta “non siamo condannati alla stagnazione”, come ha dimostrato la ripresa post-pandemia.
Ma “non dobbiamo farci illusioni: la nostra economia soffre ancora di problemi gravi, alcuni radicati e di difficile soluzione”, con questioni ataviche come le difficoltà del Sud e l’elevato debito pubblico. La priorità, infatti, è proprio ridurre la zavorra del debito pubblico, che ci costringe a investire risorse “per pagare interessi, sottraendole all’innovazione e allo sviluppo”. E per liberarci di questo fardello dobbiamo coniugare “prudenza fiscale e crescita”. Non mancano avvertimenti anche sul Pnrr, i cui fondi devono essere utilizzati al meglio, nonostante sia un compito “arduo”, ma “cruciale per risollevare la crescita potenziale dell’economia”. Una piena attuazione del Pnrr può innalzare il Pil del 2% nel breve termine, ma ha anche effetti “duraturi sulla crescita” grazie all’aumento di produttività che è stimabile tra il 3% e il 6% in un decennio. Un’occasione da non perdere, quindi.