Doveva essere l’arma segreta da sfoderare nel rush finale della campagna elettorale per le Europee. “Ma ha finito per trasformarsi in una pallottola a salve”, si lascia scappare una battuta, quasi compiaciuto, un autorevole parlamentare dei Cinque Stelle. Perché il coup de théâtre della Flat Tax, che a poco più di un mese dal voto Matteo Salvini avrebbe voluto offrire ai propri elettori, difficilmente potrà andare in scena sul palco della propaganda leghista in tempo per il 26 maggio.
D’altra parte, il cavallo di battaglia del Carroccio è, ad oggi, una casella ancora vuota nel Documento di economia e finanze (Def) appena varato dal Governo, in cui non c’è traccia dei 12 miliardi di coperture necessari. E lo stesso Salvini sembra ormai averne preso atto. “Ci stiamo lavorando: le cifre le mettiamo alla fine del lavoro. Nelle prossime settimane arriveremo al dunque”, ha detto ieri il ministro dell’Interno al termine del vertice a Palazzo Chigi con il premier Giuseppe Conte e il collega Luigi Di Maio. “E’ stato proprio Di Maio, pretendendo che la Flat Tax non si trasformasse in una riforma a vantaggio dei ricchi, ma che fosse volta soprattutto ad alleggerire il carico fiscale che ricade sul ceto medio e le famiglie, a guastare la festa a Salvini – racconta un parlamentare del Movimento vicino al leader Cinque Stelle -. E non è tutto. Perché è chiaro che le coperture non potranno certo arrivare sottraendo le risorse necessarie a sterilizzare le clausole di salvaguardia: non è che per fare la Flat Tax si lascia aumentare l’Iva al 25%, su questo Di Maio è stato chiaro e il Movimento sarà irremovibile”.
Un’alternativa, d’altra parte, che nel corso del Consiglio dei ministri di martedì, era stato proprio il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, ad evocare di fronte all’incalzante insistenza di Salvini per “una tassa unica, minima, piatta”. Perché, ha spiegato il titolare di Via XX Settembre, il blocco degli aumenti Iva e la Flat Tax nella versione proposta dalla Lega costerebbero insieme tra i 30 e i 40 miliardi. Ergo: una misura esclude l’altra. Insomma, Salvini si ritrova tra due fuochi. Tra l’incudine dei paletti piazzati dai Cinque Stelle che, Contratto di Governo alla mano, richiamano la Lega all’osservanza “letterale” dei termini sottoscritti: “Una riforma fiscale caratterizzata dall’introduzione di aliquote fisse, con un sistema di deduzioni per garantire la progressività dell’imposta – recita al capitolo 11 l’intesa su cui si regge l’Esecutivo Conte – in armonia con i principi costituzionali”.
E il martello delle coperture agitato da Tria che ha costretto il Carroccio, suo malgrado, a rallentare lasciando la casella della Flat Tax, citata nel Def come mero titolo, ancora da riempire. “Noi non abbiamo alcun problema a dare il nostro sostegno ad una misura che rientra nel Contratto sottoscritto con la Lega, a patto però che si rispettino i principi indicati nello stesso Contratto – spiegano a La Notizia fonti parlamentari dei Cinque Stelle -. E, ferme restando le risorse necessarie per scongiurare l’aumento dell’Iva, sta ora a Salvini confrontarsi con Tria e con il resto del Governo per trovare le coperture necessarie”.
Un confronto che richiederà tempo. Anche nella Lega sembrano essersene fatti una ragione. “In autunno dovrebbe essere approvata la norma che regola l’introduzione della Flat tax per l’anno 2020”, spiega il sottosegretario della Lega al Mef, Massimo Bitonci. Che aggiunge: “Vogliamo favorire soprattutto i ceti più bassi e i ceti medi” cercando di “sterilizzare l’aumento dell’Iva” anche per il 2020. Musica per le orecchie di Di Maio e dei 5 Stelle.