A perdere sul terreno dello stadio di San Siro stavolta è il sindaco di Milano Beppe Sala, che al “Meazza” esce sconfitto dal Tar Lombardia, il quale ha confermato l’esistenza di un possibile vincolo culturale sul secondo anello dell’impianto e su tutto lo stadio. Respinto così il ricorso presentato da Palazzo Marino per ottenere l’annullamento dei pareri positivi della Soprintendenza Archeologia Belle Arti per la Città Metropolitana di Milano, formulato il 26 luglio 2023, e della Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale.
Il Comune aveva impugnato i pareri perché i vincoli renderebbero impossibile abbattere lo stadio e ricostruirlo, come volevano fare Milan e Inter. Piano fallito. Per i giudici, il ricorso da un lato contestava la valutazione di sussistenza dell’interesse culturale, deducendo diversi profili di illegittimità, dall’altro censurava la ritenuta esistenza di un archivio esposto, evidenziando che i beni oggetto dell’archivio (le targhe affisse sui muri) non sono di proprietà comunale, trattandosi di targhe appartenenti a Inter e Milan.
Il Comune chiedeva di rivedere i pareri degli enti per la tutela dei beni culturali che “limitano notevolmente le possibilità di interventi edilizi sullo stadio, con conseguenti pesanti ricadute economiche in termini di spese di gestione e di conservazione forzata del bene” e rischiano di “mantenere in vita” lo stadio come “un involucro vuoto”, che a causa della decisione delle due società di “abbandonare il campo da gioco”, è “destinato comunque ad un inesorabile declino”.
Un parere che ha ribadito “la necessità di procedere” – si legge nella sentenza che ha sciolto la camera di consiglio dello scorso 14 marzo – solo “una volta maturati i 70 anni (nel 2025, ndr), alla valutazione dell’interesse culturale” e che in nessun modo avrebbe “incidenza in concreto rispetto alle relazioni intraprese” i club milanesi nel progetto stadio.
Quello della soprintendenza era solo un parere
Per il collegio della terza sezione i Beni culturali hanno “espresso solo un parere preventivo” e “facoltativo”, su “richiesta del Comune”. Il che significa, è la tesi del Tar, che Palazzo Marino non era danneggiato da quello che era soltanto un parere e quindi non poteva portare avanti un contenzioso in questa fase.
“Il ricorso è inammissibile, in parte per difetto di interesse, laddove contesta i pareri espressi dalla Soprintendenza e dal Segretariato Regionale, in parte per difetto di giurisdizione, laddove censura la configurabilità di un archivio esposto in ragione della non riconducibilità dei beni interessati al patrimonio comunale”, si legge nella sentenza dei giudici amministrativi. “Le due disposizioni palesano che la verifica di interesse culturale ha ad oggetto immobili risalenti ad oltre settanta anni, pertanto ogni valutazione anticipata non assume rilievo ai fini della configurabilità della dichiarazione di interesse culturale”, si legge ancora nelle motivazioni.
La brutta figura del Comune: impossibile impugnare atti che non sono atti…
Tradotto: per i giudici, Palazzo Marino non poteva impugnare atti che atti non sono. Si deve attendere la scadenza dei 70 anni del secondo anello e, se scatterà il vincolo in base a un atto amministrativo, il Comune potrà impugnare. E infatti, per i giudici la tesi del Comune secondo cui sarebbe già effettivo il vincolo “non è condivisibile”.
Esultano i comitati e gli ambientalisti
Dopo che il Tar ha respinto il ricorso del Comune contro il vincolo culturale, il consigliere comunale di Europa Verde Carlo Monguzzi ha definito “una vittoria” la decisione per i vari comitati e associazioni che si oppongono all’abbattimento dello stadio”. “Ora l’unica strada reale che rimane è la ristrutturazione del Meazza, come noi chiediamo da anni”, ha concluso.