Mettiamola così: per un attimo Paolo Gentiloni si è distratto. Ha dimenticato di essere un Commissario europeo e si è lasciato trascinare dall’amore per il suo Paese. Vale a dire l’Italia. Solo così si spiega lo scivolone dell’altro ieri.
Il portavoce della Commissione Ue lo corregge Gentiloni: il gas non si paga in rubli
A una domanda specifica se l’apertura di due conti, uno in euro e l’altro in rubli, da parte del gruppo italiano Eni per saldare il gas di Mosca costituisse una violazione delle sanzioni, l’ex premier ha spiegato che “i pagamenti delle compagnie europee avvengono secondo i contratti, in euro e in dollari, e questo non costituisce una violazione delle sanzioni”.
Discorso diverso, ha argomentato, è se pagassero in rubli. Come a dire: l’Eni non lo fa. Tanto che Repubblica ha titolato: “Gentiloni: Eni non viola le sanzioni”. L’ex premier però non può ignorare che il decreto di Putin del marzo scorso non chiedeva di pagare direttamente in rubli ma prevedeva l’apertura di due conti: uno in euro o in dollari, l’altro nella valuta russa. Poi a convertire gli euro o dollari da un conto all’altro ci avrebbero pensato le istituzioni finanziarie di Mosca.
Ed è esattamente a quel diktat di Putin che si è piegato il cane a sei zampe con la benedizione dell’attuale premier Mario Draghi. Un’uscita improvvida e infelice quella di Gentiloni, dunque, pronunciata fra l’altro a poche ore di distanza dalle dichiarazioni del numero due dell’esecutivo comunitario. Interrogato sempre sull’apertura di due conti per pagare le forniture da Mosca, Frans Timmermans mercoledì ha spiegato che “pagare in rubli significa violare le sanzioni”.
Non solo. Il giorno prima ancora, martedì, poche ore prima dell’annuncio di Eni sull’apertura dei due conti, il portavoce della Commissione Eric Mamer sottolineava che versare rubli a Mosca o aprire un secondo conto in rubli – come richiesto dal decreto emanato dal Cremlino nel marzo scorso – va “oltre le indicazioni date agli Stati membri”. Aggiungendo che le sanzioni hanno un obbligo legale e che spetta ai Governi vigilare sulla loro osservanza pena l’apertura di una procedura d’infrazione.
Tanto che lo stesso Mamer ieri è intervenuto nuovamente per correggere Gentiloni. Rispettare il decreto del Cremlino, ovvero aprire due conti come ha praticamente fatto anche l’Eni, “non è in linea con le sanzioni”, ha ribadito. E in maniera garbata ha ripreso il nostro Commissario spiegando che “Gentiloni non ha mai parlato di un secondo conto in rubli. Ha detto che i contratti sono in euro o dollari, che le aziende pagano in euro o dollari e che se pagano in rubli violano le sanzioni”.
Ma nonostante le toppe di Mamer il buco provocato da Gentiloni rimane. La stessa numero uno della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha spiegato in tutte le salse che le compagnie energetiche europee che si adeguano al meccanismo imposto dalla Russia per pagare le forniture di gas rischiano di violare le sanzioni. Ieri il vice primo ministro russo Alexander Novak ha fatto sapere che circa la metà delle 54 società straniere che hanno contratti con Gazprom per l’acquisto di gas russo hanno aperto conti bancari in rubli, nella prospettiva dunque di accettare il nuovo sistema di pagamenti chiesto da Mosca.
Tra questi da qualche giorno è ufficiale rientra anche l’Eni. Il Consiglio Ue e l’Europarlamento hanno, intanto, raggiunto un primo accordo sul regolamento che fissa obiettivi comuni per gli stoccaggi del gas. E prevede che gli stoccaggi nazionali di gas siano pieni almeno all’80% prima dell’inverno 2022/2023 e al 90% prima dei periodi invernali successivi.