Gli italiani fanno sempre più fatica a pagare l’affitto. E finiscono per dover subire sfratti per morosità. Famiglie o single spesso accompagnati alla porta dalle forze dell’ordine. Un’onta che si aggiunge al dramma personale. Così, un tassello alla volta, si sta completando un puzzle che mette in mostra il livello di povertà che ha raggiunto l’Italia.
Dal 1° luglio è terminato lo stop agli sfratti per morosità, la stragrande maggioranza
Prima l’Istat che ha raccontato come il Reddito di cittadinanza abbia salvato milioni di persone dalla povertà, e poi l’Inps che ha denunciato l’inadeguatezza degli stipendi con un quarto dei lavoratori che percepisce meno di 800 euro al mese. L’ultimo pezzo è stato aggiunto con i dati sugli sfratti, riferiti dal Ministero dell’Interno. La cifra è tornata a salire con grande rapidità dopo che dall’1 luglio 2021 è terminato lo stop agli sfratti per morosità, la stragrande maggioranza.
I numeri del Viminale sono impietosi: nel 2021 ci sono state 38.163 nuove sentenze di sfratto
I numeri del Viminale sono impietosi: nel 2021 ci sono state 38.163 nuove sentenze di sfratto sul territorio nazionale con un aumento di quasi il 20% rispetto all’anno precedente. Colpisce che 32.083 pronunciamenti siano arrivati appunto per morosità, pari a circa l’85% del totale. Di fatto in sei mesi la situazione è precipitata. Ed è la conferma che le persone non riescono a far fronte alle spese basilari, comprese quelle per l’affitto. E quindi i proprietari chiedono di andare via.
Ci sono state, infatti, 33.208 richieste di esecuzione forzata, con un’impennata del 45,39%. E quindi 9.537 sfratti sono stati eseguiti con il ricorso forza pubblica, facendo registrare +80,97% in confronto al 2020. Certo è ancora lontano dai livelli del passato, quando la crisi economica aveva picchiato duro con i 77mila provvedimenti emessi nel 2012. Il trend si è comunque invertito e, stando alle statistiche sull’impoverimento complessivo, nel 2022 il problema non può che aumentare, tra rincari di bollette e inflazione sempre più galoppante. Per i prossimi mesi non si preannuncia nulla di buono.
L’Unione inquilini parla di “un cocktail velenoso”, indicando vari da tre ingredienti: “Il caro affitti, insostenibile per i redditi medio bassi anche di fasce crescenti di lavoro dipendente, l’assenza di case popolari a canone sociale con 650.00 domande che rimangono senza risposta per l’assenza di una politica sociale della casa e l’aumento della povertà che colpisce particolarmente il settore dell’affitto”.
Infatti su quasi due milioni di nuclei in povertà assoluta, circa 900 mila vivono in affitto, il 45% del totale. “Servono misure urgenti e risposte immediate, a partire dalla prossima legge finanziaria”, afferma Walter De Cesaris, segretario nazionale dell’Unione inquilini, chiedendo fin da subito una “cabina di regia”. Ma anche l’istituzione di “fondi nazionali direttamente per le città per acquisire e prendere in affitto alloggi liberi degli enti pubblici”. Servirebbe un impegno puntuale.
Da qui l’appello che viene lanciato dalla Camera, legando la questione degli sfratti alle statistiche già fornite da Istat e Inps: “Non bisogna togliere diritti, intestardirsi contro il Reddito di cittadinanza, ma migliorare la condizione di vita, garantendo uno stipendio adeguato a chi lavora”, dice il deputato di Leu, Luca Pastorino, chiedendo al governo che la delega fiscale debba essere esercitata in favore di chi “è in difficoltà, perché la povertà è diventata la vera priorità”.
L’impatto degli sfratti si avverte ovviamente nelle grandi città, dove il costo della vita si fa sentire. Eccome. A Roma, per esempio, sono aumentate del 102,4% le richieste di esecuzione forzata e del 79% gli sfratti portati al termine con la presenza della forza pubblica. Ancora peggio è lo scenario che si presenta a Venezia con un’impennata del 162,37% delle richieste di sfratto e dell’83,05% delle misure attuate dalle forze dell’ordine.
A Napoli, invece, si parla del +198% di istanze di sfratti forzati, e + 58% di quelli compiuti dalla forza pubblica. Ma il fenomeno non è soltanto circoscrivibile ai capoluoghi, perché si fa sentire sulle città più piccole, la provincia italiana. Un esempio? A Pisa è stato annotato il +604% delle richieste di sfratto forzato e del +553% di quelli compiuti da uomini in divisa. A Potenza il primo dato ha toccato il +233,33%, il secondo addirittura il +383%, mentre a Terni ci si attesta a +192% di richieste di esecuzioni forzate e +108% per l’impiego delle forze dell’ordine.
Un boom impressionante, proprio mentre il quadro economico si deteriora: “Gli ultimi dati di Istat e Inps segnalano la necessità di intervenire su almeno tre fronti: contrasto alla povertà, lotta al precariato e aumento delle retribuzioni”, dice il capogruppo del Movimento Cinque Stelle in commissione Lavoro alla Camera, Niccolò Invidia. “Le nostre proposte, dal rafforzamento del Reddito di cittadinanza alla razionalizzazione dei contratti di lavoro fino all’introduzione del salario minimo, sono da tempo sul tavolo”, aggiunge il parlamentare del Movimento. Ma ovviamente i Migliori al potere si voltano dall’altra parte, fanno finta che il problema non esista.
“Purtroppo”, spiega il deputato di Liberi e uguali, Stefano Fassina, “il governo Draghi non ha raccolto la nostra proposta di dedicare un paio di miliardi del Pnrr ad un piano nazionale di edilizia residenziale pubblica a canone sociale a consumo zero di suolo”.
Una posizione comune a quella di De Cesaris dell’Unione Inquilini: “Le risposte ancora latitano e il governo non sembra volersi mettere in sintonia con la sofferenza del Paese reale e non ascolta il grido di protesta che sale contro l’aumento delle disuguaglianze. Senza queste risposte, sarà un autunno caldo di lotta in tutto il Paese”.