Padre Paolo Dall’Oglio potrebbe essere ancora vivo e potrebbe trovarsi ancora in Siria, ad al-Raqqa, proprio dove il 29 luglio 2013 fu rapito. A riaccendere le speranze sulle sorti del 64enne sacerdote gesuita, finito nelle mani dello Stato islamico per il suo impegno nel favorire il dialogo islamo-cristiano, è un articolo del Times che rivela i contorni di una trattativa – tutta da provare – tra l’Isis e le forze curdo-arabe sostenute dagli Stati Uniti.
Emissari di Daesh avrebbero offerto la liberazione di tre ostaggi in cambio di un passaggio sicuro per sfuggire all’annientamento in una delle ultime sacche di territorio, quella tra l’Eufrate e il confine iracheno, ancora sotto il controllo dei miliziani di al-Baghdadi. Secondo le fonti citate dal quotidiano britannico, oltre a Dall’Oglio, lo Stato islamico avrebbe offerto la liberazione del giornalista e fotoreporter inglese, John Cantlie, e di un’infermiera della Croce Rossa neozelandese.
Le forze curdo-siriane che guidano l’offensiva contro l’Isis nel sud-est della Siria, poche ore dopo l’uscita del Times, hanno smentito all’Ansa, che cita come fonte il portavoce delle Forze democratiche siriane (Sdf) Mustafa Ali, di essere a conoscenza dell’esistenza in vita del gesuita italiano e della sua permanenza come ostaggio nell’area ancora sotto il controllo dei jihadisti.
Nessun riscontro anche da parte della Santa Sede. “L’unica cosa che possiamo dire in questo momento è che continuiamo a pregare perché padre Paolo Dall’Oglio sia vivo”, ha commentato il direttore della Sala stampa vaticana, Alessandro Gisotti, rivelando che solo pochi giorni fa Papa Francesco ha incontrato in Vaticano i familiari e l’anziana madre di Dall’Oglio.
Smentisce l’esistenza di una trattativa l’Osservatorio siriano per i diritti umani. La Ong parla di una notizia “priva di fondamento” e ricorda che le ultime informazioni su Dall’Oglio risalgono al 2015 quando un pentito dell’Isis dichiarò di averlo visto in una prigione controllata da un gruppo uzbeko.
L’odissea di padre Paolo, per trentanni impegnato in Siria, dove aveva fondato la Comunità monastica di Mar Musa ristrutturando, a Nord di Damasco, l’antico monastero di Mar Elian, ha inizio nel 2011 dopo alcune sue esternazioni contro al Qaeda e lo Stato islamico. Il gesuita, in particolare, si era apertamente schierato a favore della cessazione delle operazioni armate e della concessione ai giornalisti siriani e occidentali di lavorare liberamente nel Paese.
«Ho rotto il fronte dell’associazione delle minoranze con il regime», aveva detto lui stesso in un’intervista a Repubblica nel 2012, pochi mesi dopo la sua espulsione dal Paese e il riparo in Sulaymanya, nel Kurdistan iracheno. Nel luglio 2013, quando di lui si sono perse le tracce, Dall’Oglio era tornato nel nord della Siria per trattare la liberazione di alcuni ostaggi. E da allora nessuno è riuscito a fornire, nonostante gli sforzi della Farnesina e della nostra Intelligence, prova che il sacerdote sia ancora vivo e nelle mani dell’Isis.