La storia della Ferragni e dei panettoni è proprio squallida. Una milionaria che sfrutta una finta beneficenza per accumulare altro denaro. È al di là del bene e del male.
Marina Benucci
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Gentile lettrice, oltre ai panettoni pare ci sia la storia delle uova di Pasqua negli anni ‘21 e ‘22. Comunque non mi pronuncio sui risvolti giudiziari perché sarà la magistratura a stabilire se ci sono aspetti penali nella vicenda. Sugli aspetti sociali, invece, non ho dubbi. Mi sembra che Chiara Ferragni sia il frutto perfetto di questa epoca di consumismo in cui i valori etici sono a zero e quel che conta sono solo i soldi e la scalata alla ricchezza. Del resto, parla per lei la sua professione, “imprenditrice digitale”, altrimenti detta influencer, un mestiere che esiste solo perché esistono gli imbeciller. E questi sono una marea. I seguaci della Ferragni sarebbero esattamente 29.732.289, dico: quasi 30 milioni, più di metà della popolazione italiana. Anche ammettendo, come hanno ipotizzato alcuni, che uno su tre sia fasullo, creato con algoritmi per “pompare” il personaggio con finte cifre, ne resterebbero pur sempre 20 milioni in carne e ossa. Credo che neppure Gesù, se rinascesse in Italia, conquisterebbe tanti seguaci e comunque è certo che finirebbe ricrocifisso. Insomma, il lato peggiore della faccenda non è la Ferragni, è il pubblico che segue questi santoni dell’effimero. I santoni indiani, che andavano di moda ai tempi dei Beatles, finirono tutti male, tra scandali di sesso e soldi. Ma dubito che gli influencer dei nostri tempi facciano la stessa fine. Anzi, più danno scandalo, più sono ammirati.
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