Il dado è tratto e, salvo colpi di scena, già domenica l’accordo di Governo tra M5s e Lega diventerà realtà. Ieri le delegazioni dei due partiti hanno iniziato a discutere il “contratto”, al cui interno saranno inseriti i capisaldi dei programmi coi quali i due schieramenti – i grillini da soli mentre il Carroccio in coalizione con Forza Italia e FdI – si sono presentati alle elezioni. Nelle ultime ore, soprattutto nella base grillina, però, è scoppiato più di un mal di pancia riguardo l’ipotesi che dalle cose da fare venga espunto quello che gli elettori del Movimento considerano un elemento imprescindibile: il conflitto d’interessi. Espressione legata indissolubilmente al nome di Silvio Berlusconi. “È arrivato il momento di metterci mano”, aveva assicurato il leader dei pentastellati, Luigi Di Maio, il 26 aprile, quando sembrava ormai tramontata qualsiasi chance di accordo con Matteo Salvini. Proprio quel Salvini a cui “le tv di Berlusconi lanciano minacce velate nell’eventualità che si stacchi da lui”, spiegava ancora Di Maio. Perciò “è arrivato il momento di dire che un politico non può possedere organi di informazione in Italia”. Ieri il capo politico del M5s è stato decisamente più cauto. “Discuteremo di tutto – ha chiarito dopo l’incontro mattutino con ‘Matteo’ – ma ci vuole pazienza perché si sta mettendo insieme un contratto che è l’unione di due programmi non sempre compatibili”. Nel pomeriggio, al tavolo di confronto, l’argomento è stato affrontato, fanno sapere dai 5S.
Ma sul Blog delle Stelle in tanti già mettono le mani avanti. “Mi sa che vi siete fatti un autogol”, scrive una simpatizzante. “Ora vediamo la legge sul conflitto d’interessi, vedrai come cade subito il governo. Mi spiace per lei (Di Maio, ndr) davvero molto”. “Noi non faremo retromarcia su nulla”, ha ribadito la deputata Carla Ruocco interpellata sul punto. E Alessio Villarosa: “Il conflitto d’interessi resta una priorità”. Vedremo.
Nella passata legislatura, durante la quale fu approvato alla Camera un ddl (relatore Francesco Sanna del Pd) poi rimasto al palo in Senato, i Cinque Stelle depositarono una loro proposta in materia che fu assorbita proprio in quel testo base. Prima firmataria la riconfermata deputata Fabiana Dadone. Il succo della pdl è agli articoli 2 (“conflitto di interessi”) e 3 (“ineleggibilità”). Per Dadone, “sussiste condizione di conflitto di interessi nei casi di proprietà, possesso o disponibilità di partecipazioni superiori al 5 per cento del capitale sociale, ovvero di un volume d’affari superiore a 10 milioni di euro annui, o comunque superiore al 3 per cento del volume d’affari complessivo di riferimento in ambito nazionale” di una serie di società e imprese tra le quali quelle che operano “in settori strategici per l’interesse nazionale quali la comunicazione, l’informazione, l’energia, le infrastrutture, i trasporti”. È qui che, inutile nascondersi, in tanti leggono un riferimento al Cav, che pure il 30 aprile 2014, quando fu depositata la proposta, era già decaduto da senatore per effetto della ‘Severino’.
Non solo. Per poter essere candidati, bisogna aver lasciato la propria carica almeno “trecento giorni” prima: circostanza che vale anche per “i direttori e i vice direttori di testate giornalistiche nazionali”. Secondo Libero, se la pdl Dadone diventasse legge il 20% dei parlamentari grillini sarebbe in conflitto d’interessi. L’interessata però ha deciso di tirare dritta annunciando l’intenzione di ripresentarla.