Andrea Orlando, parlamentare del Partito Democratico e più volte ministro (Dell’Ambiente 2013-2014; della Giustizia 2014-2018; Del lavoro e delle politiche sociali 2021-2022).Parto dalla sua Liguria e dall’inchiesta che sta di fatto paralizzando la Regione. Ritiene che, come accaduto per la Sardegna, possa vedere ricostituirsi il cosiddetto “campo largo”?
“Sarebbe inconcepibile che questo non avvenisse di fronte a quello che sta avvenendo. Già nel 2020 in Liguria si costruì un’alleanza tra Pd e Movimento 5 stelle. Adesso dobbiamo fare un ulteriore passo avanti coinvolgendo tutte le forze politiche e sociali che intendono rompere con il malaffare generato dal sistema di potere della destra nella nostra regione”.
Grande attenzione da parte del suo partito alla Sanità e al salario minimo. Sul Patto di Stabilità europeo (e le sue condizioni capestro): c’è stata una frattura tra Gentiloni, esponente di punta del Pd, e la vostra delegazione che si è astenuta?
“La proposta arrivata al Parlamento europeo non è quella che era uscita dalla commissione grazie al lavoro di Gentiloni ed è molto lontana dallo spirito del Next generation Eu. Dopo il passaggio in Consiglio e la trattativa tra gli Stati, le nuove regole tornano alla logica dell’ austerità, penalizzano l’Italia e non sono all’altezza delle sfide che l’Europa ha di fronte.Va detto che in questa trattativa il Governo italiano, quello “dei pugni sul tavolo”, non ha minimamente inciso e ha subito le decisioni di Francia, Germania e Paesi frugali”.
Sempre sulla sanità, come giudica il provvedimento governativo sulle liste d’attesa?
“Una presa in giro per chi soffre, a favore di telecamere. Senza risorse e senza affrontare i problemi organizzativi e ordinamentali del personale medico le liste d’attesa resteranno quello che sono e chi potrà si andrà a curare dai privati, chi non potrà smetterà di curarsi come purtroppo avviene già oggi in molte regioni”.
Veniamo al lavoro che – quando c’è – non sempre permette di uscire dall’indigenza e dalla precarietà. Lei ha firmato i referendum della Cgil?
“No, non lo ho ancora fatto. Non escludo di farlo. Ho una storica diffidenza per l’utilizzo dei referendum in questa materia. Tuttavia una volta intrapresa questa via è necessario che riesca nell’interesse dei lavoratori”.
Ritiene il Jobs Act superato?
“Dal 2017, quando cessando gli incentivi rallentarono le assunzioni. Lo dissi candidandomi alla segreteria nazionale del Pd. E per questo ho depositato ad inizio legislatura un disegno di legge per modificarlo”.
In riferimento ad alcune candidature Pd alle prossime elezioni europee, si è dichiarato felice che il partito abbia “tolto l’elmetto”. Si riferiva a Marco Tarquinio e Cecilia Strada? Cosa rappresentano oggi quei due nomi per il partito?
“Esattamente. Un modo per riaprire una discussione sull’esigenza di un nuovo ordine mondiale. Per fare tornare la parola Pace nel nostro dibattito. Per stimolare la ricerca di un’iniziativa politica che vada oltre la logica delle armi”.
In che modo può essere vinta la sfida della transizione ecologica? E, soprattutto, come fare in modo che il suo costo non ricada sulle fasce più deboli?
“Il contrario di ciò che sta facendo il nostro governo: chiedere più risorse e più strumenti per gestire la transizione e le sue conseguenze e non più tempo. Chiedere rinvii finirà per marginalizzare la nostra industria mentre gli altri paesi concorrenti investono sulle trasformazioni. Servirebbero politiche industriali che, attraverso condizionalita’ negli incentivi, garantiscano tutele per i lavoratori e sostegno ai consumatori delle fasce più deboli. Non c’è nulla di tutto questo nella politica del governo Meloni.
Premierato e separazione della carriere sono obiettivo del governo. Che tipo di Paese disegnerebbe la loro eventuale approvazione?
“La Liguria anticipa uno scenario probabile. Nelle regioni c’è già una sorta di premierato. Una maggioranza ostaggio di leader apre la strada ad una deriva oligarchica della democrazia. Il controllo da parte dell’esecutivo dei pubblici ministeri farebbe il resto”.