Pier Silvio Berlusconi, amministratore delegato e vicepresidente Mediaset, in una intervista esclusiva al “Corriere della Sera lancia un appello alla Rai. Esatto, proprio così: il principale competitor della Tv di Stato parla della Tv di Stato spacciando consigli. “Noi stiamo crescendo di ascolto da diverse stagioni, abbiamo cambiato passo dal 2020 dopo l’emergenza Covid. E contemporaneamente la Rai si è un po’ involuta, nel senso che si è dimenticata che prima di tutto ‘la Rai è la Rai’, il che significa istituzione e Servizio pubblico”, sottolinea.
L’Ad e vicepresidente di Mediaset, Pier Silvio Berlusconi, in una intervista al Corriere ha lanciato un appello alla Rai
E ancora: “Invece appena c’è un leggero calo di ascolti la sua risposta è aumentare il comportamento da tv commerciale – prosegue Pier Silvio Berlusconi – nella speranza di ottenere qualche decimale di share che poi non sempre arriva; una condotta autolesionista che alla lunga fa male a tutto il sistema televisivo”. Ecco perché, a detta di Berlusconi junior, Viale Mazzini dovrebbe recuperare il suo ruolo istituzionale: “Una Rai ricca e potente (di idee e di prodotto) per noi è stata un grande concorrente, ma è servita a tenere alto il benchmark, perché la Rai è la guida del sistema editoriale italiano. Se invece si comporta da broadcaster commerciale questo ruolo istituzionale viene meno”.
Il punto, però, è che con queste parole sembrerebbe quasi che il numero uno di Mediaset voglia favorire Mediaset. Secondo molti analisti il ragionamento è più o meno questo: il principale attore della Tv commerciale dice che la Tv di Stato deve fare la Tv pubblica e istituzionale e non cadere nel commerciale. Ergo: viva il canone. Di modo che la Rai non sia “costretta” a fare competizione a Mediaset stessa nell’agone della televisione commerciale e pubblicitaria. Se non è conflitto d’interessi, difficile immaginare cosa lo sia. Anche perché in queste stesse ore a rilanciare la battaglia e il pensiero proprio di Pier Silvio Berlusconi è stato Antonio Tajani, ovvero il segretario di Forza Italia, partito fondato dal padre di Pier Silvio e finanziato propriodai figli (Pier Silvio stesso in testa). Che il taglio del canone non sia un’idea che piaccia a Forza Italia, d’altronde, è cosa nota. E Tajani l’ha detto più e più volte.
Non è certo un caso che Forza Italia sia sempre stata contraria al taglio del canone
Resta però un fatto. La tesi sempre più plausibile di un passo indietro sul taglio del canone costituirà un potenziale passo indietro per Giorgia Meloni. Il fatto che la linea di destra della Tv di Stato stia raccogliendo risultati molto esigui dovrà fare i conti, nel caso in cui il canone dovesse essere tagliato, col fatto che non ci si potrà permettere ascolti bassi se poi bisogna racimolare soldi con la pubblicità. Discorso diverso, invece, se c’è il taglio del canone. Non a caso la cosa è stata pesantemente criticata anche dall’amministratore delegato Roberto Sergio.
Che, tra le altre cose, ha dovuto tener conto anche di rispondere alle critiche sul crollo degli ascolti: “Questa narrazione degli ascolti che vanno male è alimentata dai giornali e da fonti interne: io mi sentirei di dire che non c’è, che dobbiamo rivedere alcune cose ma che nel complesso siamo soddisfatti. E che, ad esempio, tutti i programmi in prime time o nell’intera giornata vanno molto bene. Ogni settimana la Rai ha centinaia di programmi e ci stiamo focalizzando su 4 o 5 di questi”. Difficile dargli credito. Ma la guerra, tra ascolti e budget livellato, è a quanto pare solo all’inizio. E potrebbe presto fare delle vittime eccellenti.