Di Giovanna Tomaselli
Gli americani cambiano cavallo. e per non ritrovarsi impantanati in una guerra dalla quale sono appena riusciti a uscire, provano a imporre un nuovo uomo forte a Baghdad. Così, mentre il premier sciita ad interim Nouri al-Maliki rivendica da settimane il suo terzo mandato come capo del governo e arriva al punto di denunciare il presidente e schierare le truppe a lui fedeli per far temere il colpo di stato, gli Usa e la stessa maggioranza di Al-Maliki lo scaricano, indicando come premier Haider al-Abadi, neo-vice presidente del Consiglio dei Rappresentanti, il Parlamento uscito dalle elezioni legislative del 30 aprile scorso. Al-Abadi è stato proposto da 130 parlamentari dell’Alleanza nazionale sciita, che conta in tutto 180 seggi. E, alla fine, ha ricevuto ufficialmente l’incarico di formare il nuovo governo dal presidente iracheno Fuad Masum.
Il golpe
Per Al-Maliki ora non c’è solo da salvare il suo governo, ma la stessa vita con i terroristi ormai a un centinaio di chilometri dalla capitale e l’intero paese nel caos più assoluto. Alla guerra con gli jihadisti dello Stato islamico si unisce dunque un possibile golpe. Molte delle truppe regolari gli sono fedeli e avrebbero accettato di circondare l’area verde, quella dove risiedono i palazzi del potere blindati e fortificati. Una conquista della leadership che però rischia di restare schiacciata dalle milizie islamiche sempre più vicine e minacciose. Intanto gli Stati Uniti proseguono i raid aerei contro gli islamisti dell’Is (Stato Islamico, ex Isis), e insieme all’Onu si sono subito schierati con il presidente, scaricando apertamente il premier, cui avevano già ritirato il proprio appoggio.
L’avanzata Jihadista
Sul fronte della guerra, i Jihadisti dell’Is continuano ad avanzare e ora hanno conquistano la strategica città di Jalawla, situata soli 115 chilometri a nord-est di Bagdad, più due villaggi vicini. Drammatica anche la situazione sul piano umanitario. Washington ha inviato aerei militari che stanno paracadutando nuovi carichi di viveri e di acqua per i civili perseguitati dai jihadisti nelle zone di montagna del nord dell’Iraq.
Esecuzioni sommarie
Le poche immagini che arrivano dalla impervia zona montuosa dove sta cercando scampo la minoranza religiosa degli Yazidi documentano momenti tragici. Centinaia di civili passati sommariamente per le armi. Una strage priva di qualunque umanità. Tanto che persino la Lega Araba ha condannato le violenze dello Stato islamico in Iraq, bollate come “crimini contro l’umanità”, in particolare ai danni delle minoranze come quella degli Yazidi nel nord e dei cristiani a Mosul. In Europa intanto la titolare della Farnesina, Federica Mogherini, ha chiesto la convocazione di un Consiglio straordinario degli Affari Esteri e, pur escludendo la partecipazione dell’Italia a un vero e proprio intervento militare nel Paese arabo, ha ammesso che “verifiche tecniche” sono in corso, anche da parte della Difesa, per un eventuale “sostegno all’azione militare” del governo autonomo del Kurdistan. Troppo poco, ma non sarà facile che l’Ue faccia di più, tra il disinteresse di Francia e Germania e i pochi mezzi di tutti gli altri.