Pontieri al lavoro. Il referendum confermativo sul taglio dei parlamentari si avvicina e, essendo previsto nell’accordo giallorosso che la riforma sarebbe stata accompagnata da una nuova legge elettorale che non è invece ancora stata votata, il Pd prima si è messo di traverso sulla riduzione del numero di deputati e senatori e ora sta registrando fratture al proprio interno. Una situazione che sta portando diversi dem e diversi pentastellati a cercare rapidamente una soluzione per evitare una frattura che alla ripresa delle attività a Montecitorio e a Palazzo Madama sarebbe di difficile composizione. Tutto mentre Italia Viva, che ha fatto marcia indietro sulla norma su cui era stata trovata un’intesa, resta alla finestra a cercare di capitalizzare l’ennesima prova muscolare avviata.
Al momento la nuova legge elettorale è in una fase di stallo. Il testo elaborato dal presidente della commissione affari costituzionali della Camera, il pentastellato Giuseppe Brescia, frutto dell’accordo siglato dalla maggioranza lo scorso gennaio sul proporzionale con soglia di sbarramento al 5%, doveva approdare in Aula a fine luglio. Ma sono arrivate la giravolta dei renziani e le richieste di modifica alla soglia di sbarramento avanzata da Leu. Tutto rinviato a settembre, quando però c’è anche il referendum sul taglio dei parlamentari, che il segretario dem Nicola Zingaretti ha specificato di non voler votare se non accompagnato dalla nuova legge elettorale. I pontieri stanno così cercando di far calendarizzare la nuova norma alla ripresa dei lavori, puntando a farla approvare prima del referendum almeno da Montecitorio.
Dopo la presa di posizione di Zingaretti e di altri esponenti dem, a spingere per votare sì al taglia-poltrone, senza se e senza ma, è stato lo stesso governatore dell’Emilia, Stefano Bonaccini (leggi l’articolo). “In realtà la riduzione del numero dei parlamentari è nel programma del centrosinistra da quasi trent’anni e io non ho cambiato idea”, ha detto. Per tutta risposta il ministro per gli affari regionali, Francesco Boccia, ha tagliato corto sostenendo che sulla legge elettorale c’era un accordo che va rispettato ed è inutile fare il dibattito. “Se non c’è più l’intesa in maggioranza Zingaretti ha detto che si va in Parlamento e si trovano i numeri in Parlamento. Ma immagino che la maggioranza voglia confermare l’impegno assunto”, ha aggiunto.
Rigido anche il governatore della Toscana, Enrico Rossi: “Senza una buona legge elettorale niente voto favorevole al taglio dei parlamentari. Non si scherza con la democrazia”. Oltre a Luigi Di Maio, altri esponenti pentastellati, oltre che dem, sono però al lavoro per evitare la frattura. “La riduzione del numero dei parlamentari è una svolta epocale votata favorevolmente da tutti i partiti in Parlamento. Tutti i correttivi costituzionali sono già in campo. Alla Camera è in fase avanzata l’iter sulla proposta a prima firma Fornaro che adegua la base elettorale del Senato e il numero dei delegati regionali per l’elezione del Capo dello Stato.”, ha sottolineato Brescia. E il capo politico reggente M5S, Vito Crimi, gli ha fatto eco affermando che per lui, prima del referendum, deve essere approvato in almeno una delle due Camere uno schema di legge elettorale.