Il governo, finalmente, sembra intenzionato a cambiare rotta e a chiedere a Israele una de-escalation del conflitto a Gaza. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ne parla a Rtl 102.5 ed evidenzia, come fatto nelle scorse ore, l’intenzione di un cambio di passo.
“Noi siamo amici di Israele, sosteniamo con forza il diritto di Israele a difendersi, a non essere attaccato, nessuno lo può cancellare dalla carta geografica”, afferma Tajani. L’interesse generale, spiega ancora il vicepresidente del Consiglio, è la “de-escalation, bisogna sostenere il dialogo in Egitto per avere una sospensione dei combattimenti e liberare gli ostaggi”.
Tajani chiede a Israele una de-escalation
La posizione di Tajani, comunque, non cambia e sulla vicinanza con Israele non ci sono dubbi: “Il 7 ottobre c’è stata una caccia all’ebreo da parte di Hamas, non un attacco militare, io ho visto filmati incredibili. Noi diciamo che la reazione deve essere proporzionata, diciamo ‘attenzione a non fare troppe vittime civili’”.
Già ieri Tajani aveva condannato i troppi attacchi contro i civili. Ma ora bisogna procedere verso una de-escalation, come tutto il “mondo occidentale” inizia a chiedere, sottolinea. Il ministro degli Esteri prosegue: “Nel fine settimana ci sarà a Monaco il vertice G7 dei ministri degli Esteri dove noi ribadiremo questa necessità. Credo sia importante sostenere il dialogo che si sta svolgendo in Egitto per cercare di avere una sospensione dei combattimenti per aiutare la popolazione civile palestinese e liberare gli ostaggi israeliani”.
Tajani sa che “Netanyahu sta certamente seguendo la linea dura: ci sono decine di migliaia di vittime civili. Hamas sta usando il popolo palestinese come scudo, vuole che Israele abbia una reazione più dura per poi dire, ‘ecco isoliamo Israele’. Questo è il disegno di Hamas. Non bisogna cadere nella trappola di Hamas. Noi diciamo di fare degli attacchi mirati e cercare di ridurre i danni alla popolazione civile. Ma questo non ha nulla a che fare con il diritto di Israele ad attaccare Hamas, in discussione non è il diritto di difendersi ma le vittime civili”.