Non ci sono solo i guai legati agli ascolti e i possibili cambi alla conduzione di alcuni programmi come L’Eredità. Per la Rai le grane rischiano di essere anche economiche, dopo la decisione del governo di tagliare il canone da 90 a 70 euro per gli utenti, compensando i minori introiti con altre voci.
La manovra del governo Meloni ha previsto un taglio del canone da 90 a 70 euro per gli utenti, sempre con il pagamento in bolletta. La decisione è stata quella di compensare parzialmente gli ammanchi con 420 milioni provenienti dalla fiscalità generale: risorse legate agli investimenti della Rai e stanziate con certezza per il prossimo anno.
L’ad Sergio lancia l’allarme dopo il taglio del canone Rai
La preoccupazione è evidente ai vertici di Viale Mazzini e viene esplicitata dall’amministratore delegato, Roberto Sergio, in audizione alla Camera. Il suo obiettivo è quello di portare il piano industriale in cda, ma la preoccupazione per il taglio del canone è evidente.
“Se dei 70 euro di canone – spiega Sergio – a noi ne arrivano solo 58, perché gli altri 12 vanno ad altri soggetti, questo significa per noi non avere risorse sufficienti a fare gli investimenti necessari a ridurre i costi”.
Questo vuol dire, secondo l’ad, “non avere le risorse per fare un piano industriale di sviluppo invece che di ristrutturazione”. Il che rappresenterebbe “un danno per la società e per i suoi dipendenti”.
Punto su cui anche l’Usigrai è d’accordo: “Fa bene l’ad a denunciare che la Rai non ha le risorse sufficienti. Ora però serve essere conseguenti: è indispensabile fare ogni atto possibile a tutela del patrimonio aziendale”.