Prima l’inchiesta giornalistica, ora quella della Procura di Milano. Continua a tenere banco la commessa di camici che sarebbe stata affidata alla ditta Dama spa, società di cui la moglie del governatore lombardo Attilio Fontana detiene una quota e che è gestita dal cognato, nel pieno dell’emergenza sanitaria da covid-19. È di ieri la notizia che sul caso il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli ha aperto un fascicolo, al momento senza ipotesi di reato né indagati, per fare luce sulla vicenda raccontata da Il Fatto Quotidiano che ha anticipato una ricostruzione andata in onda ieri sera su Rai 3.
ORDINE URGENTE. La vicenda risale al 16 aprile scorso quando la pandemia stava letteralmente travolgendo la Lombardia, con il sistema sanitario pubblico impreparato a rispondere all’emergenza da covid-19 per via di decenni di tagli. Con la penuria di presidi medici e dispositivi di sicurezza personale, si attiva la centrale di acquisti del Pirellone, Aria. Proprio questa, secondo quanto affermato nella trasmissione, avrebbe ordinato alla società Dama spa con una “procedura negoziata, senza gara d’appalto”, continua il servizio, “75 mila camici e 7000 tra cappellini e calzari. Il tutto per un valore di 513 mila euro”. Una ricostruzione smentita da Aria che ha sostanzialmente sostenuto che si è trattato di un abbaglio da parte dei giornalisti in quanto, in realtà, sarebbe stata una pura e semplice donazione di materiale sanitario.
A spiegarlo alla trasmissione è stato l’amministratore delegato di Dama, Andrea Dini, erede di una famiglia di imprenditori di Varese e cognato di Fontana. Secondo lui si è trattato di “una donazione” e che “effettivamente i miei, quando io non ero in azienda durante il Covid, hanno male interpretato la cosa, ma poi dopo io sono tornato, me ne sono accorto e ho immediatamente rettificato tutto perché avevo detto ai miei che doveva essere una donazione”. Lo stesso ha sostenuto anche che “le carte ad Aria ci sono tutte” e che “abbiamo fatto note di credito, abbiamo fatto tutto” regolarmente, assicurando di non aver “mai preso un euro e non ne avremo mai neanche uno”. Peccato che, sempre secondo Report, dopo la fornitura era seguita regolare fattura datata 30 aprile che smentirebbe questa teoria e che, solo di recente, la cifra percepita dall’azienda è stata restituita alla Regione.
DIFESA A OLTRANZA. Una vicenda che sta creando non poco imbarazzo al Pirellone su cui, da tempo, si sono concentrate le polemiche per la gestione dell’emergenza sanitaria. Proprio per questo il governatore leghista ha voluto spiegare la propria versione dei fatti, con un lungo post su Facebook, nel tentativo di diradare tutti i dubbi. “Alla Dama SpA il 16 aprile vengono ordinati 7mila set costituiti da camice + copricapo + calzari al costo di 9 euro” ossia “al prezzo più basso in assoluto” e “75 mila camici al 6 euro anche questi i più economici” sul mercato.
“Le forniture iniziano il giorno dopo e vengono immediatamente distribuite” continua Fontana “Nell’automatismo della burocrazia, nel rispetto delle norme fiscali e tributarie, l’azienda accompagnava il materiale erogato attraverso regolare fattura stante alla base la volontà di donare il materiale alla Lombardia, tanto che prima del pagamento della fattura, è stata emessa nota di credito bloccando qualunque incasso”. Proprio per questo, conclude il governatore, “nessuna accusa può esser fatta a coloro che nel periodo di guerra al Covid-19 hanno agito con responsabilità e senso civico per il bene comune”.