Non c’erano i toni teatrali né la scenografia “minimal” del video gettato sui social (e sulle frequenze di RaiNews24), ma il contenuto è stato lo stesso. Come il protagonista: Matteo Salvini, che, in veste di ministro delle Infrastrutture e dei trasporti nonché di vicepremier, ieri ha risposto durante il question time alla Camera all’interrogazione sul suo operato nella vicenda della nave della Ong Open Arms, per il quale è imputato a Palermo.
“Ho difeso i confini”, da Salvini il solito copione
E non ha detto nulla di nuovo: “Non ho mai violato, né mai violerò la Costituzione e le leggi, né mai inviterò i miei collaboratori a farlo”, ha esordito, “Io non ho mai scaricato su altri responsabilità che mi sono pienamente assunto, infatti nel processo di Palermo sono l’unico imputato. Non sono abituato a scaricare la responsabilità delle scelte su altri”. E ancora: “Mi dichiaro colpevole, assolutamente colpevole di aver difeso l’Italia e gli italiani”.
“Rispondo con il sorriso – ha aggiunto, rivolto a Davide Faraone (Italia Viva, che aveva presentato l’interrogazione) – a un’interrogazione surreale. Alla fine dell’interrogazione – che lei non ha letto per pudore – si chiede se io inviti i dipendenti dei miei ministeri a violare i principi costituzionali e le leggi vigenti, ovviamente no. Sono orgoglioso del lavoro svolto al ministero dell’Interno, così come sono orgoglioso del lavoro svolto al Mit. I toni sono da pm, non da parlamentare. Li comprendo solo perché il leader di Iv e alcuni interroganti sono molti esperti di materie giudiziarie che non mi permetto di commentare”. Fine.
Lo scontro Anm-Lega
Nessuna spiegazione, nessuna amissione. Che comunque nessuno si aspettava. Del resto, era dalle prime ore della giornata di ieri che la Lega – o meglio, i fedelissimi del Capitano – polemizzavano con la magistratura. Ad accendere le polveri, le dichiarazioni fatte dal presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia in mattinata alla trasmissione L’Attimo Fuggente sul caso Open Arms.
Santalucia: “Nessun processo politico”
“Non c’è alcun processo alla linea politica”, ha detto il capo dell’Anm, “Si tratta di verificare se un atto amministrativo di un politico abbia compresso i diritti fondamentali di 147 migranti. È chiaro che Salvini faccia le sue narrazioni, ma le cose sono meno eversive. Non c’è alcuna volontà della magistratura di imporre una linea politica al governo. Bisogna attendere la sentenza senza gridare allo scandalo, all’eversione, a una magistratura che esonda dai suoi confini. Invito il ministro a una maggiore serenità”.
“Salvini come Berlusconi”
Parole che hanno infuocato i leghisti duri e puri. Tra i più scatenati, ma non è una sorpresa, il deputato Igor Iezzi (quello sospeso dai lavori parlamentari per 15 giorni per l’aggressione alla Camera ai danni del collega Donno): “Salvini ha difeso i confini del nostro Paese. L’ha fatto con un atto politico, adottato nelle vesti di ministro della Repubblica, nel pieno rispetto del suo mandato. Eppure, in maniera del tutto illogica, è a processo per questo. Nonostante qualcuno dica il contrario, l’interferenza politica e strumentale è evidente. Lo abbiamo visto per anni con Silvio Berlusconi, lo vediamo ora con Matteo Salvini. Con buona pace dell’Anm, ormai a briglia sciolta, noi andremo avanti e a testa alta”.
Sulla stessa linea anche l’ex magistrato, oggi deputato del Carroccio, Simonetta Matone: “La richiesta di sei anni di carcere da parte dei pm di Palermo nei confronti di Salvini risulta alquanto sospetta, considerando che altri tribunali hanno assolto il ministro per le stesse accuse. Nessun attacco alla magistratura come vorrebbe far passare l’Anm che ormai, dispiace dirlo, è del tutto fuori controllo. Il Ministro Salvini ha adempiuto solo ai suoi doveri. Possibile che si stia mettendo sotto accusa una linea politica chiara e precisa, senza un briciolo di rispetto nei confronti della separazione dei poteri? Le intemerate di certi magistrati non possono in alcun modo fermarci o intimidirci. La Lega va avanti”.
L’Anm querela il direttore di Libero Pietro Senaldi
Sempre ieri Santalucia ha confermato di aver agito in giudizio contro il direttore di Libero, Pietro Senaldi per le sue dichiarazioni sulla magistratura, definita “uno dei cancri del Paese”. “Una cosa è la critica, anche dura, una cosa è il dileggio e il vilipendio: di fronte a chi dice che la magistratura è un cancro non ci sono margini di dialogo. Si rischia di rappresentare una china pericolosa per le istituzioni. Ci siamo posti il problema di arrestare il disfacimento del linguaggio sul tema della giustizia: si critichino i magistrati, ma si rispetti l’istituzione”, ha concluso Santalucia.