Dopo otto giorni in balia delle onde, la soluzione del caso sulla Open Arms sembra ancora in alto mare. Bloccata al limite delle acque territoriali italiane dal divieto del Viminale e impossibilitata a fare rotta su Malta, le cui autorità hanno deliberatamente ignorato ogni richiesta da parte della ong spagnola, l’imbarcazione con a bordo 121 migranti vive una situazione di stallo a tratti paradossale. Già perché per oltre una settimana, l’Unione europea non si è fatta carico del problema anzi, come già visto infinite volte in passato, ha lasciato la patata bollente nelle mani dell’Italia e, al massimo, di Malta o di qualche altro Paese.
Cosa ben più grave, i silenzi dell’Europa sono stati giustificati, in modo alquanto grottesco, da una (presunta) mancata richiesta di intervento a lei indirizzata. Ma se la scusa fino a mercoledì era questa, ammesso e non concesso che qualcuno potesse ritenerla valida, da ieri nessuno potrà più sostenerla perché a chiedere che il caso venga preso in consegna dall’Ue ci ha pensato il neoeletto presidente del Parlamento europeo David Sassoli. E lo ha fatto con una lettera, indirizzata al leader della Commissione Ue Jean Claude Juncker, che toglie ogni alibi perché racconta come “la situazione (della Open Arms, ndr) è grave e merita un’azione tempestiva (…) L’opera di supplenza che in questi anni la Commissione europea ha svolto è stata meritoria, in linea con i valori dell’Unione e con i dettami delle Convenzioni internazionali. Ma in questo caso non vi sono indicazioni”. Senza girarci intorno, il vertice del Parlamento chiede: “Un intervento umanitario rapido e un’equa redistribuzione dei migranti”.
STORIA INGARBUGLIATA. Nel tentativo di sbloccare la situazione, la ong spagnola non è rimasta con le mani in tasca. Dopo aver ricevuto il no allo sbarco da parte di Malta e Italia, aver minacciato di violare il blocco qualora la situazione a bordo dovesse precipitare e aver chiesto al tribunale di Palermo di mettere in salvo i 30 minori a bordo, la Open Arms ha chiesto aiuto direttamente a Spagna, Francia e Germania. Peccato che nemmeno questa mossa sembra sortire alcun effetto. Ma se gli Stati continuano a fare orecchie da mercante a togliere le castagne dal fuoco, rimandando per l’ennesima volta un confronto interno all’Ue sulle regole per gestire i flussi migratori, potrebbero essere le comunità evangeliche e valdesi italiane che, ieri, hanno dato la propria disponibilità ad accogliere i clandestini a bordo dell’imbarcazione che, oggi, si trova a circa 30 miglia da Lampedusa.
A spiegare il gesto sono stati il presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, pastore Luca Maria Negro, e il moderatore della Tavola valdese, pastore Eugenio Bernardini, secondo cui: “La nostra proposta nasce dall’apprezzamento della soluzione trovata in casi analoghi quando i profughi sono stati ricollocati sulla base di accordi con alcuni Stati europei. In quei casi quote di migranti furono accolte dalla Conferenza episcopale italiana”. Un “modello operativo” che, scrivono, “deve essere consolidato”.