L’Oms ormai dà i numeri. Alla lunga lista di errori e sottovalutazioni in cui è inciampata l’Organizzazione delle Nazioni Unite guidata da Tedros Adhanom Ghebreyesus, da due anni alle prese con la pandemia, ora si aggiunge pure il sospetto che chi dovrebbe impartire su scala globale le direttive sulla salute pubblica in realtà non sa neanche contare.
I morti causati dal Covid-19 sono il doppio di quanto l’Oms aveva inizialmente stimato
Il tema riguarda il discusso conteggio delle vittime causate dal Covid-19, dunque non un aspetto secondario, perché i numeri e le statistiche, quando si ha a che fare con la salute, sono importanti. È di oggi la notizia che il virus Sars-CoV-2 avrebbe – e il condizionale in questo caso è d’obbligo – causato nel mondo quasi 15 milioni di decessi, tra diretti e indiretti, cioè circa il doppio di quanto la stessa Oms aveva inizialmente stimato.
Secondo i dati resi noti dall’Organizzazione mondiale della Sanità, il temuto virus, in totale, avrebbe causato un numero di morti “in eccesso” compreso tra un minimo di 13,3 milioni e un massimo di 16,6 milioni di casi registrati dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2021. Il totale include anche i 6,24 milioni di morti ufficialmente censiti dall’Oms finora nei 194 Paesi membri e riportato anche nel report elaborato dalla Johns Hopkins University.
Il resto delle vittime corrisponde ai decessi causati dal virus Sars-CoV-2, ma non denunciati come tali o causati da altre malattie che non hanno potuto essere curate per il sovraccarico subito dai sistemi sanitari nella fase acuta dell’emergenza. La maggior parte dei decessi “in eccesso”, pari all’84 per cento del totale, secondo quanto ha riferito l’Oms, si concentra nel sud-est asiatico, in Europa e nelle Americhe. Il 68 per cento è registrato, invece, in soli 10 Paesi a livello globale.
“Questi dati che fanno riflettere non solo indicano l’impatto della pandemia, ma anche la necessità che tutti i Paesi investano in sistemi sanitari più resilienti in grado di sostenere i servizi sanitari essenziali durante le crisi, compresi sistemi di informazione sanitaria più forti” ha affermato Ghebreyesus, aggiungendo che l’Oms “si impegna a lavorare con tutti i Paesi per rafforzare i loro sistemi informativi sanitari per generare dati migliori per decisioni migliori e risultati migliori”. Le nuove stime sulla mortalità, ha spiegato la vicedirettrice generale per i dati, l’analisi e la distribuzione dell’Oms, Samira Asma, “utilizzano i migliori dati disponibili e sono state prodotte utilizzando una metodologia solida e un approccio completamente trasparente”.
Sarà pure così, ma l’Organizzazione sanitaria dell’Onu continua ad attirare su di sé molti interrogativi. Ora si brancola nel buio sul numero delle vittime – con un eccesso a sei zeri – ma una lunga catena di ritardi, sottovalutazioni e veri e propri errori aveva già profondamente minato la sua credibilità. Ad esempio, dopo i primi contagi, gli scienziati che affiancano Ghebreyesus hanno toppato nel riconoscere la possibilità che il virus si trasmettesse con estrema facilità da persona a persona, hanno sconsigliato l’uso delle mascherine e di imporre restrizioni ai viaggi e tardato a dichiarare lo stato di emergenza sanitaria internazionale. Senza dimenticare che a fine dicembre 2019, pur in presenza di segnalazioni di polmoniti sconosciute in Cina, l’Oms ignorò la decisione di Taiwan di mettere in quarantena i viaggiatori provenienti da Wuhan.