Per l’omicidio del sostituto procuratore generale della Corte di Cassazione, Antonino Scopelliti, ucciso il 9 agosto 1991 a Villa San Giovanni, la Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria ha indagato 17 tra boss e affiliati a cosche mafiose e di ‘ndrangheta. Tra gli indagati della nuova inchiesta figura anche il nome del boss Matteo Messina Denaro, ancora oggi latitante.
A rivelare l’esistenza di un’alleanza mafia-‘ndrangheta, nel comune intento di assassinare il magistrato, sono stati due pentiti, Maurizio Avola e Francesco Onorato, quest’ultimo, in particolare, ha sostenuto che Scopelliti fu ucciso dalle ‘ndrine per fare un favore a Totò Riina che temeva l’esito del giudizio della Cassazione sul maxiprocesso a Cosa nostra. L’ipotesi dell’accordo tra mafia e ‘ndrangheta era stata presa in esame sin dall’epoca del delitto, proprio perché Scopelliti doveva sostenere l’accusa nel maxi processo in Cassazione.
“Sì, è una conferma di sospetti che avevamo sempre avuto. Ed è sul sangue di Antonino Scopelliti che purtroppo si è anche siglata una pace nel territorio della provincia di Reggio Calabria”, ha commentato Rosanna Scopelliti, figlia del magistrato. “Quando si è venuto a sapere che avrebbe dovuto sostenere lui la pubblica accusa nel maxi-processo contro Cosa Nostra – ha detto ancora la figlia di Scopelliti – il problema è stato che si trovavano davanti non solo un magistrato incorruttibile e dedito al suo lavoro, ma soprattutto un tecnico che, qualunque cosa poi avrebbe scritto, sarebbe stata sicuramente inoppugnabile”.
L’omicidio, secondo la Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria, fu deciso in un summit mafioso svoltosi nella primavera del 1991 a Trapani cui partecipò lo stesso Messina Denaro. Ad assassinarlo fu un commando composto sia da siciliani sia da calabresi.