In base ai dati aggiornati a settembre, i progetti finanziati dal Pnrr sono quasi 220mila per un totale di 120 miliardi di euro assegnati. Gli importi maggiori sono quelli di grandi città come Roma (4,9 miliardi), Milano e Napoli (2,8), ma anche di alcuni piccoli comuni del Sud. Sono, invece, 1.015 i progetti che non risultano più tra quelli finanziati dal Pnrr. Per un totale di 250 milioni in meno, di cui un quarto in Puglia (- 62 milioni). I vincoli sui tempi e sull’ambiente potrebbero aver portato alcuni soggetti attuatori a rinunciare alle risorse Pnrr e ricorrere a fonti meno vincolanti. Sono queste alcune delle principali evidenze emerse dall’ultimo report di Openpolis sullo stato di aggiornamento del Pnrr. Confrontando la base dati “nuova” con quella precedente, emerge dunque che diversi progetti non risultano più inclusi tra quelli finanziati dal Pnrr. È come se da un aggiornamento all’altro fossero stati esclusi.
Gli interventi previsti dal Pnrr saltano per le difficoltà a realizzarli entro il 2026 rispettando i vincoli ambientali
A settembre gli interventi finanziati, cioè selezionati tramite bandi e procedure di gara, superano i 200mila. Per un ammontare di risorse Pnrr pari a 120,35 miliardi di euro. Si tratta di poco più della metà (63%) dei 190,5 miliardi complessivi assegnati al piano italiano da Bruxelles. Ma di questi interventi a oggi non sono ancora disponibili informazioni, ovvero potrebbero essere ancora da avviare, in corso o in alcuni casi completati. Finora gli importi maggiori risultano, da un lato, quelli di grandi città e capoluoghi e dall’altro, quelli di piccoli comuni situati soprattutto nel Sud e nelle isole. Ai primi posti svettano Roma con 4,9 miliardi di euro, Milano e Napoli entrambe con 2,8 miliardi e Bologna e Bari con 1,7 miliardi ciascuna.
Insieme ai capoluoghi, spiccano per finanziamenti Pnrr alcuni territori più piccoli, con popolazioni tra i 20mila e i 50mila abitanti. Belpasso, in provincia di Catania, è il 15esimo comune per importo assegnato con 893 milioni di euro. Seguono altre due amministrazioni del catanese – Misterbianco con 873 milioni e Paternò con 795 – e una in provincia di Bari: Noicattaro, con 629 milioni. Per quanto riguarda i settori di intervento di questi 220mila progetti la digitalizzazione è il principale, con circa 75mila interventi, seguito dai progetti su scuola, università e ricerca (49.501) e transizione ecologica (49.220).
I progetti finora finanziati dall’Ue sono quasi 220mila per un totale di 120 miliardi di euro assegnati
In coda i settori di impresa e lavoro (16.992) e cultura e turismo (9.017). Da giugno a settembre si perdono però le tracce di 1.228 interventi. Come se fossero stati stralciati o comunque in qualche modo esclusi dal Pnrr. Su 1.228 interventi 213 sono riconducibili a progetti in realtà ancora esistenti nella base dati, ma che per variazioni di testo, importi o misura di appartenenza sono identificati in modo nuovo e diverso. Di questi 213, 54 sono in realtà dei “sotto interventi”. Cioè facevano parte insieme ad altri di opere più ampie, che continuano a essere incluse nei finanziamenti ma senza quegli specifici sotto interventi.
Sui progetti finanziati dal Pnrr a settembre sono “scomparsi” 1.015 interventi, per un ammontare complessivo di oltre 250 milioni di euro. La regione che registra una maggiore perdita di risorse Pnrr è la Puglia (-62 milioni di euro), ovvero della Regione del ministro Raffaele Fitto che ha in mano il dossier del Recovery plan. Seguono con ampio distacco il Piemonte (-24,28), la Lombardia (-22,37) e il Veneto (-18,72). Non è dato sapere al momento se questi progetti saranno realizzati. Che il Pnrr non li finanzi non significa che le istituzioni non possano trovare (o non abbiano già trovato) altre fonti da cui trarre le risorse necessarie. Openpolis si interroga sui motivi per cui sono scomparsi dai radar e avanza alcune ipotesi. Partendo da una premessa: la realizzazione del piano nazionale e il conseguente rilascio di risorse da parte dell’Unione europea sono vincolati a una serie di regole precise, rispetto ad altre fonti di finanziamento che sono meno vincolanti.
In primo luogo i tempi particolarmente serrati. L’articolo 18 del regolamento europeo sul Pnrr stabilisce infatti che tutti i lavori per i progetti finanziati debbano concludersi entro il 2026. Inoltre, in diversi passaggi del regolamento viene chiarita con forza la necessità che tutte le misure in agenda e tutti i progetti rispettino gli obiettivi europei sull’ambiente. In particolare il principio di “non arrecare danno significativo”. Nella proposta di revisione del piano, il governo aveva chiesto di stralciare numerosi progetti, proprio perché non sono in linea con tale principio e dunque rischiano di non superare il vaglio della Commissione europea. Il motivo per cui non rispettano i criteri ambientali sarebbe, secondo quanto dichiarato anche dall’esecutivo, che sono stati ideati prima dell’avvio del Pnrr.
A settembre sono “scomparsi” 1.015 interventi, per un ammontare complessivo di oltre 250 milioni di euro
Questa stessa spiegazione potrebbe applicarsi agli interventi “scomparsi” da un aggiornamento all’altro della base dati. Di fronte alla possibilità di ricorrere ad altre fonti di finanziamento, un soggetto attuatore potrebbe decidere di rinunciare ai fondi Pnrr, piuttosto che modificare il proprio progetto per adattarlo ai criteri ambientali. O rischiare di vederlo bocciato e non ricevere i fondi. Inoltre, ricorrere a finanziamenti alternativi al Pnrr potrebbe aiutare anche a superare la rigidità delle scadenze e l’obbligo di completamento dei lavori entro il 2026. Insomma i criteri europei, considerati rigidi, potrebbero aver portato alcuni soggetti attuatori a rinunciare alle risorse Pnrr per finanziare i propri progetti con fonti alternative meno vincolanti.