Migranti, non solo dal mare: uccisi pure da milizie e governi nell’inferno terrestre verso l’Europa

I migranti non muoiono solo in mare: il rapporto UNHCR denuncia abusi, sfruttamento e complicità dei governi africani sulle rotte verso l'Ue.

Migranti, non solo dal mare: uccisi pure da milizie e governi nell’inferno terrestre verso l’Europa

Attraversano deserti e mari e a ogni passo sfidano la morte. Sono i migranti e i rifugiati che percorrono le rotte dall’Africa verso l’Europa, vittime di violenze inaudite e sfruttamento. In politica sono il piatto forte della propaganda dei sovranisti. In terra sono un girone dantesco che striscia ai bordi dell’Europa.

Migranti, le rotte della disperazione: dall’Africa all’Europa

L’ultimo rapporto dell’UNHCR, realizzato insieme all’OIM e al Mixed Migration Centre, getta luce su una realtà agghiacciante che si consuma quotidianamente lungo le rotte migratorie terrestri e marittime. Il titolo stesso è un pugno nello stomaco: “In questo viaggio, a nessuno importa se vivi o muori”.

I numeri parlano chiaro: le persone che attraversano il deserto del Sahara sono più di quelle che si imbarcano sul Mediterraneo. Le vittime si stima siano il doppio di quelle che si consumano in mare. Il rapporto, che copre un periodo di raccolta dati di tre anni, segnala un aumento del numero di persone che tentano queste pericolose traversate terrestri e dei rischi di protezione che corrono.

Chi sono? Guardando le prime 10 nazionalità di chi è arrivato in Italia via mare tra il 2018 e il 2022, emergono dati significativi. Siriani, maliani e sudanesi hanno altissime percentuali di riconoscimento dello status di rifugiato: rispettivamente il 95,23%, il 60,32% e l’83,25%. Persone che fuggono da situazioni drammatiche, con il diritto alla protezione internazionale. Eppure vengono trattati come criminali, respinti e abbandonati. 

L’inferno in terra: abusi e sfruttamento dei migranti

Il rapporto dell’UNHCR fotografa una situazione in peggioramento. Il deterioramento delle condizioni nei paesi di origine e in quelli di accoglienza spinge sempre più persone a intraprendere questi viaggi della disperazione. Nuovi conflitti divampano nel Sahel e in Sudan, l’impatto devastante dei cambiamenti climatici e delle catastrofi aggrava emergenze nuove e protratte nell’Est e nel Corno d’Africa. A tutto questo si aggiungono manifestazioni di razzismo e xenofobia che colpiscono rifugiati e migranti.

L’orrore più grande accade prima di rischiare nell’ultimo tratto, quello per mare. Il rapporto rileva che in alcune parti del continente, i rifugiati e i migranti attraversano sempre più spesso aree in cui operano gruppi di insorti, milizie e altri attori criminali. Qui sono diffusi il traffico di esseri umani, i rapimenti a scopo di riscatto, il lavoro forzato e lo sfruttamento sessuale. Alcune rotte di contrabbando si stanno spostando verso aree più remote per evitare zone di conflitto attivo o controlli alle frontiere, sottoponendo le persone in movimento a rischi ancora maggiori.

L’elenco degli abusi denunciati da rifugiati e migranti è agghiacciante: tortura, violenza fisica, detenzione arbitraria, morte, rapimento a scopo di riscatto, violenza sessuale e sfruttamento, riduzione in schiavitù, traffico di esseri umani, lavoro forzato, espianto di organi, rapina, espulsioni collettive e respingimenti. La Libia si conferma l’epicentro di questo inferno in terra, seguita dal deserto del Sahara, Mali, Niger e Sudan.

Complicità e inazione: i colpevoli oltre i criminali

I colpevoli? Il rapporto punta il dito non solo contro i criminali ma anche contro chi dovrebbe garantire sicurezza e protezione. Le bande criminali e i gruppi armati sono indicati come i principali responsabili di questi abusi, ma non mancano forze di sicurezza, polizia, militari, ufficiali dell’immigrazione e guardie di frontiera. Nella sezione orientale della rotta, i militari e la polizia sono stati percepiti come i principali responsabili delle violazioni dei diritti umani dal 48% degli intervistati, contro il 20% e il 21% riportati rispettivamente nelle sezioni settentrionale e occidentale.

Nonostante gli impegni assunti dalla comunità internazionale per salvare vite umane e affrontare le vulnerabilità, in conformità con il diritto internazionale, le tre organizzazioni avvertono che l’attuale azione internazionale è inadeguata. Lungo la rotta del Mediterraneo centrale si registrano enormi lacune in termini di protezione e assistenza, che spingono rifugiati e migranti a proseguire in viaggi pericolosi.

Il sostegno specifico e l’accesso alla giustizia per i sopravvissuti a varie forme di abuso sono raramente disponibili lungo le rotte. Il sostegno è ostacolato anche da finanziamenti inadeguati e restrizioni all’accesso umanitario, anche in luoghi chiave come i centri di detenzione informale e le strutture di accoglienza.

UNHCR, OIM e partner umanitari fanno il possibile per colmare le lacune, potenziando i servizi di protezione e assistenza salvavita, i meccanismi di identificazione e di indirizzo lungo le rotte. Ma è come svuotare il mare con un secchiello, spiegano. La prossime Ue guidata ancora da von der Leyen non lascia presagire nulla di buono. Servono risposte concrete, immediate, su larga scala. Sempre le stesse: corridoi umanitari, vie legali e sicure per chiedere asilo. Perché come recita il titolo del rapporto, in questo viaggio a qualcuno deve importare se vivi o muori. A noi.