Forse era inevitabile: il Reddito di cittadinanza insieme alle battaglie anti-casta è il provvedimento che meglio incarna lo spirito riformista del Movimento cinque stelle. Non è un caso che sin dall’approvazione del “decretone” che conteneva al suo interno Reddito e Quota 100, le critiche riservate dagli oppositori dei pentastellati – ieri i dem, oggi i leghisti – sono state feroci. A maggior ragione oggi, nel momento in cui siamo al “giro di boa”: dopo 18 mesi dall’erogazione dei primi assegni, domani 30 settembre scade la prima tranche di chi fece domanda nel 2019. Un traguardo importante, raggiunto il quale è fondamentale capire cosa ha funzionato e cosa noi. Ma è fondamentale stare ai dati senza seguire facili polemiche per capire a che punto siamo.
Nessun fallimento. I beneficiari ora lavorano. Il Reddito di cittadinanza porta i nostri giovani a restare sul divano a non far nulla, tanto prendono comunque i soldi. È probabilmente la balla più grande. E lo dicono i dati: secondo l’ultimo aggiornamento (luglio) sono 100.779 i beneficiari di Reddito di cittadinanza con un rapporto di lavoro attivo. In altre parole, sono oltre 100mila le persone che grazie al meccanismo del Rdc hanno trovato un lavoro.
Lotta alla disoccupazione. Più lavoro al Sud. Il dato non è assolutamente secondario dato che la Regione in testa per numero di soggetti beneficiari di Rdc con un rapporto di lavoro attivo è la Campania (19.396) seguita dalla Sicilia (14.776). Ciò significa che questa misura – tanto bistrattata – sta dando una mano soprattutto a quei cittadini che vivono in Regioni in cui il tasso di disoccupazione è storicamente più alto.
Contrasto alla povertà. Pure col Covid. In tanti risero e sogghignarono quando Luigi Di Maio annunciò che era stata sconfitta la povertà. Non c’è dubbio si trattava di una dichiarazione spot e nulla più, azzardata se si vuole e molto retorica. I numeri, però, dicono che il Reddito ha quantomeno aiutato a livellare il livello di povertà. Ad agosto (ultimo dato disponibile) i nuclei percettori di Reddito o Pensione di cittadinanza sono aumentati di oltre il 23% rispetto al gennaio 2020 (1,304 milioni di famiglie rispetto a 1,059 milioni di inizio anno), con un aumento del 20% delle persone coinvolte, che sono passate da 2,562 milioni a 3,081 milioni negli otto mesi trascorsi. In particolare, stringendo l’analisi al solo Reddito di cittadinanza, le famiglie beneficiarie (1,168 milioni) sono aumentate di oltre il 25%. Questo vuol dire che il Rdc ha avuto un ruolo determinante anche durante l’emergenza Covid-19.
Saremo ultimi in Europa per numero di seggi. Così come Roma non è stata costruita in un giorno, una riforma di questo tipo non va a sistema con uno schiocco di dita e l’emergenza Coronavirus certamente non ha aiutato, visto che i centri per l’impiego sono rimasti chiusi e i concorsi per le assunzioni di nuovo personale sospesi. Restano anche in questo caso i dati: negli ultimi 15 anni, l’Italia ha speso percentuali infinitesimali di Pil per i servizi per il lavoro. Nel 2015 (dato Eurostat) il nostro Paese investiva lo 0,05% contro lo 0,36% della Germania e lo 0,25% della Francia. Stesso gap anche per quanto riguarda i finanziamenti per le politiche del lavoro. E qui l’impegno del governo: entro il 2021 verrà completato il Piano di rafforzamento dei servizi per l’impiego che, grazie ad un investimento mai visto prima, porterà all’assunzione a tempo indeterminato di 11.600 operatori che si aggiungeranno agli 8mila già presenti, più che raddoppiando l’attuale organico. In questo modo, avvicineremo il nostro Paese agli altri partner europei.
Nuovo protocollo. Iter avviato a maggio. A maggio le ministre Catalfo e Pisano hanno sottoscritto un protocollo d’intesa per giungere alla realizzazione del Sistema digitale per migliorare l’efficienza del mercato del lavoro e all’attuazione del Sistema informativo del Reddito di cittadinanza. Un percorso, questo, che sarà portato avanti insieme alla Presidenza del Consiglio.