La nostra fiorettista Elisa Di Francisca non pare proprio intenzionata a smettere divincere. Oggi infatti andrà a caccia del suo secondo titolo iridato ad una Olimpiade, dopo il trionfo ai Giochi di Londra 2012. Oggi come allora, per l’atleta marchigiana l’avversaria più temibile era la compagna di squadra Arianna Errigo, perché – come confida a Repubblica – la scuola azzurra di scherma è imbattibile. La Arrigo, però, è stata eliminata. Mentre la Di Francisca è ora in semifinale. La campionessa olimpica in carica ha battuto 15-10 nei quarti la cinese Liu Yongshi. Match equilibrato sino all’8-7 per l’azzurra, che poi ha preso il largo con un parziale di 5-0 (12-7). Nei quarti la jesina ha sconfitto agli ottavi la polacca Hanna Lyczbinska per 15-6.
“La Russia non ci raggiungerà mai. Non hanno fantasia, sono costruite e prevedibili. Hanno il fisico sì, sono temibili, ma le puoi inquadrare. Questo non significa che non possano vincere. Ma parlando di scuola, la nostra ha più classe, varietà e storia”, dice a Repubblica. Eppure, la nazionale russa ce l’ha messa tutta per portare una formazione in grado di battere le Azzurre, tanto che ad allenarle ci sono gli ex coach di Elisa e Arianna.
“È una Russia ‘made in Italy’ costruita apposta contro di noi. Loro ci conoscono, ci hanno allenato, hanno condiviso i nostri segreti, paure e fragilità. E ora li raccontano alle altre, le armano contro di noi, per sabotarci. Per carità, facciano, tutto regolare”.
Rio 2016 sarà un’Olimpiade diversa da tutte le altre, per lei e per le sue colleghe: sarà la prima senza Valentina Vezzali, il gigante della compagine italiana di scherma. La Di Francisca parla anche della sua assenza: “Si vede e si sente: atmosfera più rilassata, meno cupa. Valentina e la sua eterna voglia di vincere erano uno stimolo, ma anche un’oppressione. Lei catalizzava fremiti e tensioni, dovevi passarci in mezzo, e funzionava. Così non pensavi alle altre. Ora in squadra si è liberato un posto per le giovani”.
Elisa, però, sta già pensando al suo futuro post agonistico. A 33 anni – quasi 34 – ha iniziato a programmare la propria vita fuori dalle competizioni internazionali. “Avere una bambina sarebbe bello. Lo giuro: la chiamerò Zika. Magari una vacanza, dopo Londra andai in un campo in Kenya che si occupava di bambine mutilate. Davanti a certe cose non puoi, né devi stare zitta. Quanto a feste, non mi sono negata nulla. Sempre una di più, mai una di meno. Lì la leggerezza non l’ho persa”.