Gli ingredienti della spy story ci sono tutti. Un uomo d’affari russo, figlio di un politico con amicizie potenti, è ricercato dagli Usa e viene arrestato in un aeroporto italiano, finisce ai domiciliari e poi fugge con lo zampino degli 007 del suo Paese. Parliamo dell’evasione-esfiltrazione di Artem Uss. Il 40enne, figlio di un governatore della regione siberiana di Krasnoyarsk, molto vicino a Putin, svanito nel nulla il 22 marzo scorso, dopo essere stato fermato a Milano e messo ai domiciliari (con un braccialetto elettronico alla caviglia) nel comune lombardo di Basiglio. Una vicenda che rischia di trasformarsi in una grana, non tanto per la giustizia italiana, bensì per la nostra intelligence.
Il governo avrebbe scaricato la colpa della fuga di Artem Uss sui giudici di Milano. Ma la versione che giova alla Belloni è smentita dal Copasir
Ma la storia di Uss vale la pena raccontarla fin dall’inizio. Il 40enne era finito in manette il 17 ottobre scorso, fermato dalla Polizia a Malpensa mentre stava per prendere un volo per la Turchia. Sul suo conto pendevano un mandato d’arresto internazionale e una dozzina di capi di accusa contestati dalla giustizia Usa. Uss non è uno qualunque perché è sospettato di contrabbando di tecnologie militari dagli Stati Uniti alla Russia e di petrolio dal Venezuela a Cina e Russia.
Avrebbe eluso le sanzioni e, sempre secondo i giudici americani, anche riciclato milioni di dollari. Finisce in carcere, a Busto Arsizio, poi, mentre vengono avviate le procedure di estradizione, il 2 dicembre ottiene i domiciliari. Fin qui tutto bene. Il 21 marzo la Corte d’Appello di Milano lo dichiara estradabile, ma ventiquattrore dopo scompare nel nulla. Secondo quanto ha ricostruito la Procura di Milano, Uss verosimilmente si è liberato del braccialetto elettronico e con documenti falsi, alla guida di un’auto, ha raggiunto prima Trieste, poi la Slovenia e infine la Serbia dove ha preso un volo che lo ha riportato a Mosca.
Uss si è liberato del braccialetto elettronico ed è fuggito dall’Italia in auto. Ha raggiunto la Serbia e poi Mosca in aereo
Il 4 aprile è lui stesso a farsi vivo dalla madrepatria: “Sono in Russia! In questi ultimi giorni specialmente difficili persone forti e affidabili mi sono state vicine. Grazie a loro!”. Chi erano le persone “forti e affidabili” che lo hanno aiutato a fuggire? Secondo gli inquirenti italiani l’uomo d’affari è stato prelevato da 6-7 soggetti dell’Est Europa, alcuni già identificati e indagati. Ma a organizzare il blitz, dicono i nostri investigatori, sono stati i Servizi di Mosca. Su ordine del Cremlino? Alla domanda ha già risposto, con un video poi rimosso, il padre di Artem: “Ci sono molte versioni su come sia andata, ma non farò commenti. Sono solo contento che mio figlio Artem sia tornato a casa. E per questo ringrazio Vladimir Putin: non è solo il nostro presidente, è soprattutto un uomo con un cuore grande e generoso”.
Caso chiuso? Anche no. Mentre a Mosca si festeggia a Roma esplodono le polemiche e iniziano i rimpalli di responsabilità. Per il guardasigilli Carlo Nordio, che ha spedito gli ispettori a Milano, il 40enne doveva rimanere in carcere. Dalla Corte d’Appello del capoluogo lombardo, invece, rispondono che non era di loro competenza disporre la detenzione in carcere di Uss, a differenza del ministero e della procura generale che potevano chiederla, ma non lo fecero. Nordio, tuttavia, rassicurò Washington, dopo che l’Ambasciata di via Veneto aveva criticato la scelta di concedere i domiciliari al russo e invitato via Arenula a non perderlo d’occhio.
La Meloni avrebbe detto al Copasir che la colpa non è del Governo “ma di un altro organo dello Stato”. Ma Guerini smentisce
Poi ci sono i sospetti sul “secondo livello”. E qui entra in ballo anche Palazzo Chigi. “Non è colpa del Governo, ma di un altro organo dello Stato”, avrebbe detto la Meloni al Copasir parlando del caso. Una frase che salverebbe la nostra intelligence guidata da Elisabetta Belloni, ma che secondo il presidente dello stesso Comitato, Lorenzo Guerini, “non è stata mai pronunciata”.
Curioso che a riferirla sia stata l’Agi, l’agenzia di stampa di proprietà dell’Eni, guidata da Claudio Descalzi fresco di conferma da parte del governo Meloni alla guida del colosso italiano dell’energia, e fino a poco tempo fa diretta da Mario Sechi, oggi portavoce della stessa premier. A qualcuno, forse, sta a cuore che la patata bollente dell’affaire Uss diventi un problema per i magistrati, piuttosto che per la nostra intelligence. Come se fosse credibile che i Servizi italiani non avessero ben chiaro chi fosse Artem Uss.