Che all’interno dell’Unione europea esistano Stati che esercitano dumping fiscale, sottraendo così possibile gettito ad altri membri, non è certo una novità. Ma che questi Paesi, che avvalendosi di una tassazione estremamente leggera nei confronti di grandi aziende e multinazionali, ne agevolino il trasferimento delle sedi legali e fiscali all’interno dei propri confini sottraendo cifre considerevoli in termini di entrate agli Stati di origine, facciano adesso la morale all’Italia premendo per il massimo rigore è veramente insostenibile.
Ovviamente stiamo parlando dei ben noti paradisi fiscali che rispondono al nome di Lussemburgo, Irlanda, Olanda. Quella stessa Olanda menzionata anche due giorni fa dal premier Giuseppe Conte in un’intervista al quotidiano tedesco Sueddeutsche Zeitung, in cui ha rivendicato la sua ferma posizione in vista del Consiglio europeo del 23 e mandato un chiaro messaggio ad Angela Merkel, attaccando il surplus commerciale della Germania che frena l’Ue e, appunto, il dumping fiscale dell’Olanda. Posizione condivisa anche dal Vicepresidente del Parlamento europeo Fabio Massimo Castaldo (nella foto) che in un post sui suoi canali social sottolinea come “Olanda e Germania continuano a respingere ogni forma di mutualizzazione del rischio legato all’emergenza, respingendo così anche il realizzarsi di una vera solidarietà europea. Tuttavia, i due paesi predicano bene e razzolano molto molto male. Non dimentichiamoci che l’Olanda resta un Paese campione di dumping fiscale, con un atteggiamento che danneggia l’economia del resto d’Europa, e in particolar modo quella italiana. La Germania, invece, infrange da tempo in maniera sistematica le regole europee, mantenendo un surplus commerciale ben più alto di quello consentito”.
Secondo le stime dell’Antitrust, la presenza di questi paradisi fiscali in mezzo all’Europa oltre a provocare all’Italia una perdita stimata dai cinque agli otto miliardi di dollari all’anno, ha falsato completamente l’andamento degli investimenti esteri che, ovviamente, seguono la geografia della concorrenza fiscale. In Irlanda gli investimenti esteri sono il 311% del Pil, nei Paesi Bassi il 535%, mentre nel microscopico Lussemburgo arrivano addirittura al 5.760% del prodotto interno lordo. Una ricchezza smisurata che se confrontata all’Italia, 19% del Pil, smaschera il deflusso di capitale che dalle casse dello Stato italiano si riversa invece verso questi paradisi fiscali.