Escludere l’uso della microspia trojan per la corruzione “sarebbe una scelta legittima certamente, ma pericolosa. Se questa novità intervenisse, aggiunta all’abrogazione dell’abuso d’ufficio e al ridimensionamento del traffico di influenze, le indagini sulla corruzione diventerebbero impossibili e di fatto si avvererebbe l’auspicio di chi ritiene che la corruzione vada eliminata dal codice penale”, ha detto il procuratore di Perugia Raffaele Cantone, ex numero uno dell’Anac.
Ma evidentemente questo è l’auspicio del governo. Non si spiega altrimenti il parere favorevole dell’esecutivo all’ordine del giorno al ddl sulla cybersicurezza a prima firma di Enrico Costa (Azione) che impegna il governo a introdurre una disciplina organica dello strumento del trojan “nel primo provvedimento utile”. Un parere favorevole che ha spianato la strada alla sua approvazione. Il via libera dell’Aula della Camera è arrivato con 140 voti a favore e 89 contrari (Pd, M5S e Avs).
L’ordine del giorno che stoppa il trojan
L’odg era firmato anche dalla deputata di Italia Viva, Maria Elena Boschi e dal capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia, Pietro Pittalis. Nel testo si dice anche che “risulta necessario prevedere una disciplina organica che, da un lato, indichi le gravi forme di criminalità per le quali ammettere l’utilizzo del captatore informatico e, dall’altro, dettagli le condizioni applicative e le modalità operative di utilizzo, con l’obiettivo di bilanciare l’accertamento delle ipotesi delittuose ed i principi costituzionali previsti dagli articoli 14 e 15 della Costituzione”.
Dopo aver definito il Trojan “un sistema dissimulato, inoculato da remoto, che invade il terreno della riservatezza penetrando anche nelle sfere più intime e private”, Costa sottolinea come il captatore informatico sia anche “uno strumento itinerante, che si sposta di ‘ambiente’ in ‘ambiente’”.
“Potenzialmente in grado di accendere la webcam, di attivare il microfono e di captare conversazioni, di leggere qualsiasi dato venga archiviato all’interno del cellulare (dagli indirizzi in rubrica, agli sms, ai messaggi whatsapp, agli appunti salvati nelle note), di visualizzare le fotografie, di registrare la ‘tracciabilità’ del possessore del cellulare funzionando da Gps, di catturare segretamente tutto ciò che viene digitato nel dispositivo, potendo quindi risalire anche ad eventuali password o numeri di carte di credito”.
Le inchieste impossibili
Costa pertanto racconta anche la storia di questo strumento di indagine, a cominciare dalle sentenze della Cassazione che ne parlano e dagli interventi che ci sono stati da parte del legislatore negli anni, A suo avviso il Trojan è molto “più invasivo” delle normali intercettazioni. Ricordiamo che il trojan è stato usato in molte inchieste giudiziarie come quella ligure.
I primi a reagire sono i Cinque Stelle. “Mentre l’Italia è falcidiata da inchieste su reati tipici dei colletti bianchi e dei comitati d’affari pubblico-privati, dalle forze di maggioranza e dalla solita stampella dell’impunità arriva un nuovo via libera a questo genere di malaffare, ormai siamo all’inno alla corruzione. Sembra surreale ma è la cronaca parlamentare: l’ok all’odg Costa sul trojan altro non è che un accorato appello affinché lo strumento decisivo in tutte queste inchieste che hanno scoperchiato gli intrecci dei potenti, venga riposto in soffitta. Ma con che faccia si rivolgono ancora ai cittadini parlando di giustizia e spacciando per garantismo questo manifesto di impunità?”, dichiarano i deputati M5S in commissione Giustizia alla Camera Stefania Ascari, Federico Cafiero de Raho, Valentina D’Orso e Carla Giuliano.