di Angelo Perfetti
La Corte Suprema indiana ha accolto il ricorso presentato dalla difesa dei due marò italiani, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, contro l’utilizzo della Nia, la polizia antiterrorismo, nel processo a loro carico. In sostanza la Corte suprema ha fermato il processo ai due militari. Per l’Italia, che era già riuscita a sventare la possibilita’ di utilizzare il Sua Act (la legge anti-terrorismo che prevede anche la pena di morte), si tratta di una indubbia vittoria: il riconoscimento cioe’ da parte della magistratura indiana della tesi che la Nia può occuparsi solo di casi di terrorismo. L’Italia comunque punta a un’azione internazionale
concertata e piu’ ampia: ha detto chiaramente che non riconosce la giurisdizione indiana sul caso e che quindi rifiuterà il processo e non presenterà i due militari in tribunale. Ieri il premier Matteo Renzi – che, ha assicurato l’inviato speciale del governo Staffan De Mistura, continua a sollevare il caso in tutti i suoi incontri internazionali – ha posto la questione sul tavolo anche nel colloquio con il presidente Usa, Barack Obama.
“Sono molto soddisfatto perché siamo riusciti a far accogliere la nostra posizione e a bloccare la presentazione dei capi di accusa da parte della polizia antiterrorismo Nia”, ha detto l’avvocato dei marò Mukul Rohatgi, commentando la decisione della Corte Suprema indiana.
Dopo anni di immobilismo, l’Italia finalmente sta seguendo la giusta strada: presione internazionale, opposizione formale e sostanziale alle decisioni della Corte Indiana, politica in prima linea. E la rochiesta di arbitrato internazionale. Tutte cose che potevano essere fatte già da due anni, ma che per inerzia, indolenza o interessi economici non sono state fatte. Meglio tardi che mai…