Non si può certo dire che il commissario europeo agli affari economici Pierre Moscovici sia un grosso stratega. Al di là di come la si pensi, l’attacco di ieri al Governo italiano non è certamente da annoverare nelle scelte sagge che un politico possa prendere. “Come gli ungheresi – ha detto il solerte stratega d’oltralpe in un intervento intervento ad una conferenza presso la sede di Parigi dell’Ocse – anche gli italiani hanno optato per un Governo decisamente euroscettico e xenofobo che, sulle questioni migratorie e di bilancio, sta cercando di sbarazzarsi degli obblighi europei”. L’ideale per intavolare una discussione pacifica. Ma d’altronde non è la prima volta che dall’Europa arrivino dichiarazioni offensive e assolutamente gratuite all’indirizzo dell’Italia e del Governo gialloverde. E, guarda caso, sempre quando di mezzo ci sono soldi, conti e la nostra ritrosia ad obbedire a regole che non sono leggi (particolare non da poco).
BELLO STRATEGA. Solo pochi giorni fa, d’altronde, lo stesso Moscovici si era reso protagonista di un’altra intelligentissima dichiarazione: “Non abbiamo alcun interesse ad aprire una crisi” con l’Italia, “ma non abbiamo neanche interesse a che l’Italia non riduca il suo debito, che resta esplosivo”. Nel giro di breve, lo spread che fino a quel momento era rimasto contenuto, schizza a oltre 280 punti di differenziale. Insomma, un genio. Esattamente come “geniali” sono state le dichiarazioni di un altro abile stratega, Guenther Oettinger, non a caso messo immediatamente viste le sue doti nel ruolo di commissario Ue al Bilancio. Il progetto europeo, ha detto il 5 settembre, è “in pericolo di morte” a causa anche del Governo italiano. Pochi giorni prima lo stesso commissario aveva minacciato il nostro Paese di “gravi sanzioni” in caso di mancato pagamento dei contributi Ue. Oettinger, d’altronde, a maggio, nel pieno della crisi politica italiana e con la possibilità di nuove elezioni alla porta, si lanciò in un’altra prodiga dichiarazione: “I mercati insegneranno agli italiani a votare nella maniera giusta”. Come farsi voler bene da un intero Paese. Basti questo: Oettinger in quella circostanza è riuscito a unire partiti su tutto il resto distanti nell’odio verso di lui. Genio. Anche lui.
THE WINNER IS… Ma la medaglia degli insulti non può che andare al presidente della commissione Ue Jean-Claude Juncker che, proprio in qualità di presidente, non poteva che distinguersi. E, in mezzo a tanta delizia, l’unica cosa da fare è sparare ancora più in alto, alle stelle. E il nostro Juncker c’è riuscito. Solo pochi giorni, sulla scia di Moscovici, dichiarava: “Non vorrei che, dopo essere stati in grado di fronteggiare la crisi della Grecia, finissimo per piombare nella stessa crisi con l’Italia. Una crisi di questo tipo ci è bastata”. E ancora: “Se dessimo all’Italia altra flessibilità, sarebbe la fine dell’euro. Per questo dobbiamo essere molto rigidi”. Non proprio parole di pace ed amore, insomma. Ma non è nulla. Juncker ci aveva infatti abituato ad altre più clamorose perle. Era il 31 maggio scorso quando Juncker prendeva parola durante una conferenza stampa a Bruxelles: “Gli italiani devono lavorare di più, essere meno corrotti e smettere di incolpare l’Ue per tutti i problemi dell’Italia”. Come se non bastasse, aveva poi esortato gli italiani a “smettere di guardare all’Ue per salvare le regioni più povere del Paese”. E ancora: “Gli italiani devono prendersi cura delle regioni povere d’Italia. Ciò significa più lavoro, meno corruzione, serietà”. Insomma, un crescendo di offese e attacchi gratuiti. Senza senso e senza logica. Ma, dopotutto, è così che si reagisce quando c’è qualcuno che mette in dubbio i privilegi di una vita intera. Da qui a Moscovici, in effetti, il passo è breve.