Negli ultimi mesi, il tema dell’occupazione è stato un terreno fertile per dichiarazioni politiche, spesso più enfatiche che basate su dati concreti. Sia il governo che le opposizioni sembrano indulgere in affermazioni che trovano poco riscontro nei numeri. Pagella Politica, in un recente approfondimento, ha smontato diverse di queste dichiarazioni, offrendo una fotografia più fedele alla realtà.
L’illusione del “cambio di rotta”
Una delle narrazioni più insistenti è quella del “cambio di rotta” sul mercato del lavoro, attribuito al governo Meloni. Secondo la presidente del Consiglio e altri esponenti della maggioranza, il loro operato avrebbe invertito una tendenza negativa. Ma i dati smentiscono questa versione: l’aumento degli occupati è iniziato ben prima dell’insediamento dell’attuale governo, con la ripresa post-pandemica. Anche il calo della disoccupazione, ora sotto 1,5 milioni, non è una novità esclusiva degli ultimi due anni. Più che inversioni, si tratta di continuazioni di trend già in atto.
Il mito del Jobs Act e altre rivisitazioni storiche
Non solo la maggioranza, ma anche esponenti dell’opposizione cadono in simili semplificazioni. Matteo Renzi, leader di Italia Viva, attribuisce al Jobs Act il merito di aver creato un milione di posti di lavoro durante il suo governo. Tuttavia, come evidenzia Pagella Politica, questo numero rappresenta l’intero aumento degli occupati in quel periodo, senza che sia possibile isolare il contributo specifico della riforma. Analogamente, lo slogan di Giorgia Meloni sui “24 milioni di occupati, record dai tempi di Garibaldi” pecca di anacronismo: confrontare numeri assoluti tra epoche con dinamiche demografiche e metodologie diverse è fuorviante.
Reddito di cittadinanza e occupazione: una correlazione fragile
Tra le argomentazioni più controverse figura quella secondo cui l’abolizione del reddito di cittadinanza avrebbe alimentato l’occupazione. Il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, è stato tra i più vocali nel sostenere questa tesi. Ma, come evidenziato da ISTAT, il numero degli occupati è cresciuto anche durante la vigenza del reddito. Inoltre, i dati più recenti mostrano un aumento degli inattivi – persone che non lavorano e non cercano lavoro – di 280 mila unità tra settembre e ottobre 2024, proprio dopo l’introduzione del nuovo sussidio di formazione e lavoro.
La polemica sull’ora lavorata
Dall’opposizione arriva un’altra critica ricorrente: i dati ISTAT sarebbero falsati dal metodo di conteggio, che considera occupati anche coloro che hanno lavorato per una sola ora nella settimana di riferimento. Questo criterio, però, è adottato in tutta l’Unione europea e segue le linee guida dell’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO). Inoltre, i lavoratori che dichiarano di lavorare meno di dieci ore settimanali rappresentano appena il 2 per cento del totale.
Contratti a termine e precariato
Un altro tema divisivo è l’andamento del precariato. Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico, ha sostenuto che il record di occupati si debba a un aumento dei contratti a termine. In realtà, i dati ISTAT mostrano un calo dei contratti a tempo determinato (-266 mila) e un aumento di quelli a tempo indeterminato (+940 mila) dall’inizio del governo Meloni. Tuttavia, è vero che l’incremento degli occupati a tempo indeterminato si concentra soprattutto nelle fasce d’età più avanzate, complici le politiche di posticipo pensionistico.
Povertà lavorativa e PIL
Un ultimo aspetto riguarda la povertà tra i lavoratori. Sebbene Eurostat segnali un calo della povertà lavorativa, ISTAT evidenzia un aumento della povertà assoluta tra gli occupati, passato dall’7,7 all’8,1 per cento tra il 2022 e il 2023. Questo dato è influenzato dall’inflazione, che ha eroso il potere d’acquisto delle retribuzioni.
Insomma, la narrazione politica sull’occupazione spesso si piega alle esigenze di consenso, perdendo di vista la complessità dei fenomeni. Come dimostra l’analisi di Pagella Politica, i dati offrono una prospettiva più sobria e meno sensazionalistica rispetto alle dichiarazioni dei leader di governo e opposizione. Forse, è tempo di tornare a leggere i numeri prima di pronunciare proclami.