C’è una crisi che si consuma silenziosa tra le pieghe dei numeri dell’occupazione rilasciati oggi dall’Istat: quella dei giovani. Mentre si celebra una crescita annua di 328mila occupati nel 2024, i dati ci raccontano un’altra storia per la fascia tra i 25 e i 34 anni. In dodici mesi, gli occupati in questa fascia sono diminuiti di 38mila unità, mentre 154mila persone hanno scelto, o forse sono state costrette, a lasciare il mercato del lavoro diventando inattive.
Numeri che non mentono
Il tasso di occupazione nella fascia 25-34 anni cala di 1,1 punti percentuali, mentre l’inattività cresce di 2,3 punti. Non si tratta solo di una questione demografica: la fetta più giovane della popolazione attiva sembra sempre più marginalizzata. A novembre 2024, il tasso di occupazione complessivo resta stabile al 62,4%, ma è un dato che maschera le ferite aperte del mercato del lavoro giovanile. I contratti a termine continuano a calare (-280mila in un anno), mentre crescono i contratti permanenti (+500mila), un’apparente buona notizia che però non basta a invertire il trend.
Giovani fuori dai giochi
La crescita dell’inattività tra i giovani non può essere liquidata come una scelta volontaria. L’aumento dei “neet” (not in employment, education or training) è una spia di un sistema che non riesce a trattenere i più giovani, spingendoli fuori da un mercato che sembra sempre meno accogliente. In parallelo, il tasso di disoccupazione giovanile risale al 19,2%, con un aumento di 1,4 punti percentuali rispetto al mese precedente. Sono numeri che denunciano un fallimento sistemico.
Oltre la retorica della crescita
Celebrando i numeri della crescita occupazionale complessiva, si rischia di ignorare i segnali d’allarme. Gli inattivi aumentano anche a livello generale (+115mila nel trimestre settembre-novembre 2024 rispetto al precedente), mostrando come il mercato del lavoro non sia capace di accogliere chi cerca opportunità. La retorica della crescita si infrange contro la realtà di una generazione lasciata indietro, priva di un futuro occupazionale stabile.
Una questione di priorità
Se il mercato del lavoro stenta a trattenere i giovani le responsabilità politiche sono evidenti. Occorrerebbe un cambio di passo nelle politiche attive del lavoro, un piano che metta al centro i più giovani con incentivi reali e percorsi di formazione mirati. Ignorare il problema (o addirittura piegarlo alla narrazione compiaciuta) equivale a scavare un solco sempre più profondo tra generazioni, con conseguenze irreversibili sul tessuto economico e sociale del Paese.