Roberto Occhiuto può esultare. Giustamente. È lui il nuovo governatore della Calabria. I risultati sono schiaccianti (qui i dati definitivi dello spoglio) e, soprattutto, non molto pronosticabili prima delle elezioni: oltre il 54,46% delle preferenze, ben lontano dal 27,68% di Amalia Bruni e dal 16,17 di Luigi de Magistris (per non parlare dell’1,7 di Mario Oliverio). “Abbiamo vinto e io sono felice di essere il presidente”, ha detto Occhiuto dal palco allestito a Gizzeria, dove ha tenuto il primo discorso mentre lo spoglio era ancora in corso. Una vittoria ottenuta certamente per la forza politica del personaggio, ma anche per altre circostanze. Innanzitutto il ruolo svolto da Forza Italia.
Esattamente com’era capitato con la vittoria della compianta Jole Santelli, il successo di Occhiuto è il successo anche di Silvio Berlusconi, il quale se altrove continua a perdere consensi con Forza Italia ridotta anche al 3%, in Calabria gli Azzurri sono di gran lunga il primo partito. “Sei il nostro orgoglio, dimostrazione che la scelta voluta da Berlusconi è stata una scelta vincente, ancora una volta Berlusconi ha indovinato il candidato vincente per questa regione”, ha detto non a caso Antonio Tajani presente sul palco insieme proprio al neo-governatore calabrese. Parole importanti e che suonano come una dichiarazione che pone paletti ben precisi agli alleati nazionali.
Anche perché, nel frattempo, a perdere consensi pare essere proprio la Lega: quarto partito (dopo Pd e Fratelli d’Italia) e poco più dell’8% dei voti. A poco dunque serve l’esultanza del segretario del Carroccio, che ha esultato sottolineando che “in Calabria avremmo più che raddoppiato”. Totalmente falso. Alle ultime regionali del 2020 la Lega collezionò il 12,5% dei consensi, mentre alle europee 2019 addirittura il 22,6%. In altre parole, nel giro di due anni la Lega non solo non ha raddoppiato nulla, ma addirittura ha raccolto un terzo di quanto preso in precedenza.
IL PIATTO D’ARGENTO. E arriviamo così all’ultimo motivo della debacle che è da rintracciare nelle piroette – a volte senza senso – del Pd. Tutti ricorderanno i mesi che hanno preceduto quest’elezione regionale. Si era parlato prima di primarie (tanto che anche l’attuale sottosegreteria al Sud, la pentastellata Dalila Nesci, si era detta favorevole), idea questa subito condivisa anche dal dem Nicola Irto; poi l’idea è stata inspiegabilmente ritirata; dunque sono intervenuti anche Enrico Letta e Giuseppe Conte per dirimere la questione; infine è addirittura sceso in Calabria Francesco Boccia per trovare la quadra.
Alla fine niente è stato fatto e solo in extremis è stata trovata intesa attorno al nome di Amalia Bruni. Al di là dell’autorevolezza del nome, una scelta di comodo è sembrata a tanti nel momento in cui non si trovava nessun tipo di accordo né sul nome né sul percorso da seguire. Ecco, evidentemente tutto questo ha finito con l’allontanare elettori e consensi. Col risultato che Occhiuto ha avuto da questo punto di vista la strada spianata, complice anche i colpi ai fianchi del centrosinistra inflitti da de Magistris (che aveva ufficializzato la sua candidatura molto tempo prima degli altri) e da Oliverio (la cui candidatura è per molti un mistero).
L’unica nota che rende il bicchiere ovviamente non mezzo pieno, ma perlomeno non totalmente vuoto, è il risultato dei 5 stelle: finalmente superano la soglia di sbarramento della legge regionale e porteranno – prima volta in assoluto – un rappresentate in Consiglio. Comunque troppo poco per esultare.