di Fausto Cirillo
Nuovo affondo sulla Siria e cauta apertura al dialogo nei confronti dell’Iran. Parlando all’Assemblea generale dell’Onu, Barack Obama ha delineato ieri la sua strategia nella regione mediorientale, lanciando un appello per la definitiva messa al bando delle armi chimiche e chiedendo al nuovo corso di Teheran «fatti concreti» dopo tante parole. Il presidente americano ha difeso la politica estera della sua amministrazione, finita più volte nell’occhio del ciclone e da molti osservatori definita a ‘zig-zag’. Sulla Siria – alla vigilia del ritorno degli ispettori Onu sul campo e nel giorno dell’ennesima autobomba esplosa a Damasco – ha precisato che «la risposta della comunità internazionale alla crisi non è stata all’altezza», soprattutto di fronte al massacro compiuto con il gas sarin il 21 agosto scorso. Per questo gli Usa avrebbero voluto intervenire militarmente, per punire il regime di Assad sulla cui responsabilità per Washington non ci sono dubbi: «Ci sono prove evidenti che non sono stati i ribelli». Ma di fronte alla nuova opportunità di risolvere la situazione per via diplomatica, la Casa Bianca ha deciso di accantonare momentaneamente l’ipotesi di un attacco. Ora però, ha ammonito il presidente Usa, «il mondo deve inviare un messaggio potente sulle armi chimiche», e non solo a Damasco. Devono essere messi in guardia tutti i tiranni, che non possono farsi scudo del concetto di sovranità per compiere massacri e restare impuniti. Di qui l’invito a istituire un bando assoluto delle armi chimiche, ovunque nel mondo. E sulla Siria, ha ribadito, «il Consiglio di sicurezza deve varare una risoluzione forte». Una risoluzione a cui al Palazzo di Vetro si sta lavorando senza sosta e che potrebbe vedere la luce entro pochi giorni. Quanto all’Iran, ha ammesso che vi sono le basi per un accordo sul programma nucleare sulla base delle recenti dichiarazioni di Rohani. Adesso però «dalle parole si deve passare ai fatti» ha detto, ben conscio peraltro che un’apertura al dialogo è chiaramente osteggiata sia da Israele sia in patria.