O l’Ue cambia o muore. Già fortemente sotto attacco prima della pandemia, l’Unione europea per resistere e risollevarsi, evitando di lasciare campo libero ai sovranisti, deve dare subito una risposta forte e solidale davanti alla crisi economica causata dall’emergenza coronavirus. Ne è convinto ormai anche il Pd, sinora sempre piuttosto morbido nei confronti di Bruxelles. Tanto che ieri, in audizione in Commissioni riunite Politiche dell’Unione europea di Camera e Senato, un dem di lungo corso come il ministro degli affari europei Vincenzo Amendola ha affermato: “Se non utilizziamo questo momento per cambiare alcune storture nell’architettura finanziaria europea quando?”.
Per l’esponente del Partito democratico sono necessarie riforme complessive dell’Unione Europea, partendo dal dumping fiscale, una riforma “necessaria in termini di competitività che si può fare anche a Trattato vigente”. Secondo Amendola l’Italia deve lavorare per un’Europa più ambiziosa. “Non riesco a pensare ad altro momento più strategico per mettere in discussione alcuni obiettivi”, ha insistito. Sul Recovery Fund, il ministro ha quindi sottolineato la Commissione ha il diritto-dovere di fare la sua proposta, che all’Italia va bene il piano franco-tedesco, ritenendolo una grande sorpresa, ma che a Ursula von der Leyen Roma chiede comunque la sua proposta.
Per l’esponente dem l’esecutivo europeo non deve infatti fare una mediazione tra la proposta franco-tedesca e la proposta dei cosiddetti paesi frugali, ma deve fare una proposta per quanto riguarda la lotta alla recessione economica. “La posizione del Governo italiano resta quella che abbiamo ribadito in queste settimane – ha specificato Amendola anche a margine del Consiglio Affari Generali che si è tenuto ieri mattina in videoconferenza – sul Recovery Fund servono scelte ambiziose. Ci aspettiamo una proposta coraggiosa dalla Commissione Ue, per salvare il mercato unico europeo e le sue catene di valore”. Il ministro è quindi intervenuto sulla sentenza della Corte costituzionale tedesca sul quantitative easing della Bce, che ha confermato solo a metà la legittimità del piano di acquisti di titoli di debito pubblico avviato dalla Banca centrale europea.
Amendola ha dichiarato che è riferita al programma Pspp, quello di acquisto di titoli di Stato sul mercato secondario, e non al Pepp, il programma di acquisto titoli attivato dalla Bce per far fronte all’emergenza pandemia. “Tuttavia – ha evidenziato il ministro – quella sentenza potrebbe essere letta come strumentale a evitare, come alcuni hanno detto, eccessive forzature al concetto di capital key che, lo ricordo, obbliga la Banca centrale europea ad acquistare titoli in proporzione al capitale detenuto dalla Banca centrale di ogni Paese”.
Amendola ha poi precisato che per avere numeri certi bisogna attendere giugno, quando arriveranno i dati relativi agli acquisti dei singoli Paesi, che la Bce ha già comprato a marzo 66,5 miliardi di euro di titoli pubblici, rispetto ai 23,24 di febbraio e che di questi di marzo, 11,8 miliardi sono titoli italiani, registrando 6,2 miliardi in più rispetto al mese precedente. Il ministro infine ha bacchettato l’Austria, sostenendo che alcune dichiarazioni del cancelliere Kurz “non erano in linea con una logica di coordinamento” a livello europeo sulle riaperture dei confini. “Ne ho parlato con la mia omologa austriaca”, ha assicurato. “L’Europa si muova in coordinamento”, ha ripetuto Amendola.