La Nuvola si chiama di Fuksas, il progetto e il direttore all’inizio dei lavori è stato Fuksas, chi ha beccato i soldi (tanti soldi) è sempre Fuksas. Possibile che si scopre un macroscopico errore e adesso la colpa è di tutti tranne che di Fuksas? In questa Italia campione del mondo nello scaricabarile, dove i diritti sono obbligatori e i doveri facoltativi, figuriamoci se il nostro decantato architetto si assumeva un briciolo di responsabilità. Eppure quel gigante di cemento, vetro e alluminio costato 363 milioni di euro, e con altri 200 milioni che ballano per i contenziosi ancora aperti con il costruttore, sfonda indiscutibilmente gli spazi previsti e restringe il viale Europa, strada centrale nell’intero disegno urbanistico del quartiere Eur 42, intralciando la visuale prospettica tra l’Archivio centrale di Stato e la Basilica di San Pietro e Paolo. Un danno che se l’opera non fosse sua c’è da scommettere avrebbe fatto indignare tra i primi anche lo stesso Fuksas. Invece nessuno si è accorto dell’errore, o perlomeno nessuno ne ha parlato fino al racconto del pasticcio sulle pagine di Repubblica.
La Nuvola che invade il marciapiede era d’altra parte ben mimetizzata dal cantiere e anche dopo l’inaugurazione restava difficile vedere il problema. Accanto al nuovo palazzo dei congressi fanno infatti da monumento all’Italia degli sprechi le ex torri del Ministero delle Finanze. Uno scheletro che solo allungando lo sguardo fa scivolare dall’Europa opulenta della Nuvola alla devastazione di Beirut degli anni ottanta. Un orrore di fronte al quale la strada invasa dall’avveniristica costruzione di Fuksas è davvero poca cosa. E la destinazione delle torri, che sembrano ruderi di un bombardamento, resta fumosa. Dovrebbero diventare il prossimo quartier generale di Tim, ma l’ex monopolista dei telefoni di Stato sembra avere altre priorità, a cominciare dalla definizione della governance e delle strategie dell’azionista di riferimento Vivendi che si intrecciano con la partecipazione assunta di recente in Mediaset. Perciò chissà se e quando quei pilastri oggi protetti alla meglio da un “telo pietoso” si trasformeranno in qualcosa di diverso da una triste allegoria dell’altro “palazzo a buchi” del quartire, quel colosseo quadrato che sorge appena a poche centinaia di metri. Nel frattempo lo scenario accanto alla Nuvola e alla Lama di Fuksas resta di perennemente incompiuto, tanto che non si fa caso neppure alle recinzioni del cantiere che nessuno ha rimosso.
L’altro scandalo – Se è stata molto abile la giornalista di Repubblica, Arianna Di Cori, a segnalare per prima sul giornale quello che solo qualche residente dell’Eur aveva notato, facendo scoppiare lo scandalo – perché di scandalo si tratta – della Nuvola costruita due metri più in là del previsto, quello di cui non si parla ancora è l’altro gigantesco scandalo che si sta consumando a spese dei cittadini sempre nello stesso complesso. Inaugurato sei mesi fa, il Palazzo dei congressi è praticamente inutilizzato. L’opera che doveva diventare un volano per il ricco turismo congressuale, calamita di eventi e manifestazioni da ogni parte del mondo, di fatto attira pochissimo. E per quel poco che si muove si rischia di assistere a una guerra fratricida a danno dell’altro polo congressuale di Roma, l’Auditorium Parco della Musica. In sostanza, ci rubiamo gli eventi tra di noi. A sentire Fuksas la colpa è di chi dovrebbe far decollare il suo capolavoro. “Chiamano al mio studio da molti Paesi esteri”, dice in un’intervista l’archistar, lamentando che al centro congressi si fa fatica persino a rintracciare chi sappia rispondere in lingua inglese. Che le cose stiano così o no, di sicuro il conto da pagare corre. Solo di spese fisse, manutenzioni, personale, ecc. il palazzo ha costi che si avvicinano ai centomila euro al mese. C’è da augurarselo, ma ad oggi è difficile immaginare un’improvvisa impennata degli eventi e dei relativi guadagni. Così al salasso della costruzione e alla beffa planetaria della strada ristretta per l’errore di qualcuno, dovremo presto aggiungere un nuovo buco finanziario. Che come al solito saranno i cittadini a colmare.