“Su una cosa saremo inflessibili: i sistemi di solidarietà introdotti devono essere in ogni circostanza obbligatori e non volontari”. L’europarlamentare M5S Laura Ferrara lo mette subito in chiaro. Perché sulla proposta illustrata ieri dal vicepresidente della Commissione Ue Schinas e dalla commissaria Johansson, che fa seguito alla dichiarazione d’intenti della von der Leyen per procedere alla revisione del Trattato di Dublino, pesano già molti dubbi. D’altra parte, se i confini italiani sono anche i confini europei, “tutti i Paesi membri in maniera proporzionale” devono farsi carico dell’emergenza dei flussi migratori.
Dopo l’apertura della von der Leyen alla modifica del Trattato di Dublino lei era stata cauta in attesa di leggere la proposta della Commissione. Ora che la proposta è arrivata, ritiene che la sua cautela fosse giustificata?
“Sì. La cautela è d’obbligo anche adesso. La proposta della Commissione non ci soddisfa pienamente, ci sono diversi aspetti poco chiari che meritano un approfondimento, ma è evidente che si è cercato di trovare un compromesso tra le esigenze dei Paesi di primo ingresso e i muri issati da quei Paesi europei che si sono sempre opposti a qualsiasi tipo di gestione europea del fenomeno migratorio. Le ultime reazioni scomposte di Austria e Repubblica ceca non fanno presagire nulla di buono. La strada è lunga, ecco perché è essenziale lavorare a testa bassa per convincere le Istituzioni europee e il più alto numero di Stati membri a proseguire su solidarietà e condivisione delle responsabilità”.
Nella proposta si parla di ricollocamenti “automatici” ma non obbligatori come chiedeva l’Italia. Ora inizierà il negoziato, ma l’inizio non è entusiasmante non trova?
“Aspettiamo di leggere i regolamenti proposti nel dettaglio ma su una cosa saremo inflessibili: i sistemi di solidarietà introdotti devono essere in ogni circostanza obbligatori e non volontari. È impensabile derubricare la solidarietà alla buona volontà dei singoli Paesi. I confini italiani sono confini europei sempre e non solo in tempi di emergenza e quindi tutti i Paesi membri in maniera proporzionale devono contribuire alla gestione di questo fenomeno”.
Dal punto di vista pratico della gestione dell’emergenza sbarchi non c’è il rischio che per l’Italia cambi poco o niente?
“Sulle attività di salvataggio in mare ci sono passi avanti perché viene riconosciuto il principio che chi arriva in Italia arriva in Europa, tuttavia vanno analizzate bene le condizioni. Non è chiaro, stando a quanto dichiarato oggi dal vicepresidente Schinas e dalla commissaria Johansson, quando si possa parlare di emergenza e come la Commissione valuti se un Paese sia sotto pressione o meno. Se nelle proposte di Regolamento sono state introdotte delle soglie, bisogna analizzarle bene”.
Sui migranti economici, ossia alla maggior parte degli arrivi, c’è poco o nulla. è un altro limite della proposta?
“Questo è uno dei nodi da sciogliere. Sembra si punti molto su procedure veloci e di rimpatrio, ma sappiamo che in assenza di accordi bilaterali, i rimpatri sono di difficile attuazione”.
Ora partirà il negoziato. Prevede un nuovo estenuante braccio di ferro come quello per il Recovery Fund?
“Le posizioni sono molto distanti. La Commissione vuole accelerare e arrivare a un accordo entro l’anno quando scadrà la presidente tedesca dell’Unione. È giusto, ma non vogliamo che la montagna partorisca un topolino. Su questo l’Italia deve essere unita. Abbiamo la storica opportunità di riscrivere le regole, Lega e Fratelli d’Italia parlino con i loro alleati sovranisti e cerchino di convincerli sulla necessità dei ricollocamenti. Altrimenti dimostrano di non avere a cuore l’Italia. Noi non dimentichiamo che nella scorsa legislatura la Lega era stata assente alle 22 riunioni organizzate per negoziare la riforma del regolamento di Dublino”.
Qual è il punto irrinunciabile sul quale i Cinque Stelle non sono disponibili ad accettare soluzioni di compromesso?
“Sicuramente il rispetto e l’attuazione di quanto previsto dal Trattato di funzionamento dell’Unione europea: cooperazione ed equa ripartizione delle responsabilità tra tutti gli Stati membri nella gestione dei flussi migratori”.