È sempre rimasto un bel po’ defilato. Ma rientra a pieno titolo nella categoria dei poteri forti, magari quelli più “felpati”, che nelle ultime settimane sono andati in pressing per la realizzazione dello stadio della Roma. Il fatto è che un ruolo di primo piano, nell’attività di lobbying che sostiene il progetto, è rivestito da Nicola Zingaretti. In pochi mettono in dubbio il fatto che dietro la filiera Unicredit-Parnasi-As Roma-fondi immobiliari ci sia proprio l’incisiva “moral suasion” del Governatore del Lazio. E quindi spunta anche il suo zampino dietro gli indubbi risultati che gli stessi poteri forti hanno ottenuto, portando i 5 stelle sull’orlo di una crisi di nervi. Dopo le dimissioni dell’assessore capitolino all’urbanistica, Paolo Berdini, tra i più ostili al progetto immobiliare di Tor di Valle, la sindaca Virginia Raggi ha dato l’impressione di concedere maggiori aperture.
Possibilisti – Ieri la prima cittadina, dopo aver chiarito che non si tratterà di “una colata di cemento”, riferendosi al progetto ha aggiunto: “Stiamo facendo tutto il possibile per armonizzarlo con la nostra visione, finché è possibile”. Zingaretti, dal canto suo, si muove dietro le quinte, in attesa di quella Conferenza dei servizi che lui stesso ha indetto il 3 novembre del 2016, nella speranza che la valutazione delle carte potesse concludersi il 1° febbraio scorso. Invece se ne parlerà il prossimo 3 marzo. Ma in che modo Zingaretti si lega a quei centri di potere che hanno interesse alla realizzazione dello stadio? Tanto per cominciare il Governatore del Lazio è stato protagonista nel 2010 di una maxioperazione immobiliare proprio con il gruppo Parnasi, lo stesso che ora dovrebbe sviluppare la nuova infrastruttura a Tor di Valle. La giunta dell’allora provincia di Roma, che lui stesso guidava, decise di trasferire la sede dell’ente e di acquistare per 260 milioni di euro un grattacielo all’Eur costruito dal gruppo Parnasi. Il tutto sviluppando un’idea del suo predecessore, Enrico Gasbarra, che però si era limitato a prendere in considerazione l’ipotesi affitto. Parnasi riuscì a mettere in cassa in bel po’ di soldi, tamponando sofferenze che già all’epoca erano piuttosto evidenti. Ma l’operazione suscitò una marea di polemiche. Prima vi fu un accertamento da parte della Corte dei conti, che però optò per la regolarità contabile della cessione. Poi, in tempi più recenti, a far tremare Zingaretti sono state le dichiarazioni di Salvatore Buzzi, il ras delle coop rosse coinvolto in Mafia Capitale. Riportando confidenze ricevute da Luca Odevaine, con linguaggio colorito Buzzi ha riferito ai pm di Roma che “la sede della provincia è stata comprata dal costruttore Parnasi con contratto di acquisto, pre-contratto di acquisto…praticamente prima ancora di costruì l’immobile io già l’avevo venduto a lei, pure io sarei capace a costruì così”.
La replica – Zingaretti ha immediatamente reagito annunciando querela nei confronti del ras delle cooperative, ma nel frattempo è stato iscritto nel registro degli indagati, in un filone di quell’indagine, per l’ipotesi di corruzione e turbativa d’asta proprio in riferimento all’acquisto del palazzo della provincia e alla gara per il Cup (Centro unico di prenotazione). Qualche mese fa, però, è arrivata la richiesta di archiviazione per il Governatore del Lazio da parte degli stessi pm. Insomma, Zingaretti è uscito pulito dalla vicenda. Che però lo ha fatto fibrillare non poco. E che secondo alcuni ha messo in evidenza il suo legame con il gruppo Parnasi. Poi c’è Unicredit, la banca oggi guidata dal francese Jean Pierre Mustier, che è la principale creditrice di Parnasi (con circa 600 milioni di euro). Insomma, per recuperare un po’ di soldi dal suo debitore la banca potrebbe vedere di buon occhio lo stadio. Zingaretti, dal canto suo, conosce molto bene Unicredit. La Regione Lazio, infatti, detiene il 18% della Investimenti Spa, la holding di controllo della disastrata Fiera di Roma. Il cui principale creditore, ça va sans dire, è proprio la banca Unicredit.