Nel giorno in cui avrebbe dovuto incontrare Matteo Salvini (visita cancellata) e della grande manifestazione dei leader del centrosinistra a Genova per chiederne le dimissioni, nuova pesantissima tegolasulla testa del presidente della Regione Liguria Giovanni Toti. Il governatore, ai domiciliari dal 7 maggio con l’accusa di corruzione, è ora accusato anche di finanziamento illecito.
Si tratta di un nuovo filone di inchiesta che riguarda la vicenda degli spot elettorali pagati, per la Procura, sottobanco da Esselunga. Indagati, per lo stesso reato, anche l’ex braccio destro di Toti, Matteo Cozzani, l’ex senatore e proprietario di Primocanale Maurizio Rossi e l’ex consigliere di Esselunga Francesco Moncada, marito della proprietaria della catena di supermercati.
L’accusa: spot pro-Toti e pro-Bucci pagati sottobanco da Esselunga
Secondo i pm, Moncada avrebbe finanziato 5.560 passaggi elettorali pubblicitari (Toti per Genova e Candidato sindaco Marco Bucci) sul pannello esposto sulla Terrazza Colombo. Per gli investigatori, Esselunga – interessata allo sblocco di due pratiche – avrebbe sborsato circa 55.600 euro. I passaggi, in vista delle elezioni comunali del 2022, sarebbero “stati materialmente erogati da Ptv spa ma offerti dal colosso dei supermercati in modo occulto e cioè senza alcuna delibera da parte dell’organo sociale competente, senza una regolare iscrizione a bilancio e senza procedere ad alcuna dichiarazione congiunta”.
In particolare, “Moncada, in accordo con Rossi, Cozzani e Toti, prometteva di concludere e poi concludeva un contratto di pubblicità con Maurizio Rossi che formalmente avrebbe dovuto pubblicizzare solo Esselunga ma che, in realtà, avrebbe coperto i costi anche dei passaggi pubblicitari per la campagna elettorale della lista Liguria al centro Toti per Bucci”.
“Se ci scoprono diamo la colpa a un dipendente stupido…”
Per poter giustificare i passaggi pubblicitari Rossi stipulava, per i pm, con il Comitato Giovanni Toti, quattro contratti “che prevedevano la proiezione di un totale di 500 passaggi di una clip al prezzo complessivo di 5 mila euro, ma in realtà, a fronte dei 500 passaggi previsti e contrattualizzati, ne venivano effettuati 6.060”.
E, si legge nell’ordinanza, qualora durante un controllo si fosse verificato che i passaggi di spot erano in numero superiore a quelli stipulati da contratto, si sarebbe dovuto addossare la colpa ad un dipendente incapace. Del suo impiegato “stupido” parla infatti Rossi: “La ritenuta inefficienza del programmatore sarebbe stata – scrive il gip facendo riferimento a Rossi – una possibile giustificazione qualora gli fosse stata contestata la divergenza tra passaggi elettorali previsti da contratto e quelli realmente trasmessi”. Un escamotage per tranquillizzare Moncada che si era detto disponibile a fare tutto, “basta che dormiamo tutti tra due cuscini”.
Il Gip: Toti può ancora inquinare le prove
Un episodio che corrobora, per il Gip, il pericolo di inquinamento delle prove. “I recenti e ultimi sviluppi investigativi rendono nuovamente attuali anche le esigenze cautelari, stante il pericolo di inquinamento probatorio, in ragione del pericolo che l’indagato, ove non sottoposto ad alcun vincolo cautelare, si ponga in contatto con altri indagati per elaborare una strategia comune o che, sfruttando l’influenza derivante dalle funzioni svolte contatti altre persone in grado di fornire circostanze utili ai fini di una conveniente ricostruzione delle nuove condotte criminose emerse”.
“Il presidente chiedeva direttamente i soldi ai privati”
Nella nuova misura cautelare (che non allunga i tempi degli arresti domiciliari che scadono comunque a inizio novembre, ma che prevede un nuovo interrogatorio di garanzia davanti al Gip Paola Faggioni) si legge inoltre che “in alcuni casi era lo stesso Toti a chiedere esplicitamente il finanziamento o promettendo al privato comportamenti o provvedimenti a lui favorevoli o addirittura ricordandogli di ‘avere fatto la sua parte’ e quindi di aspettarsi conseguentemente una ‘mano’ in vista delle elezioni”.
La difesa di Toti: “Stupiti dalla tempistica”
”La nuova misura cautelare notificata oggi al presidente TotiI non modifica, a nostro avviso, lo stato di fatto e di diritto relativo all’inchiesta. In particolare stupisce la tempistica della stessa, visto che non incide sullo stato di Toti, già agli arresti domiciliari da oltre due mesi”. Lo rende noto il difensore Stefano Savi. ”Nel merito, le nuove accuse appaiono corollario all’interpretazione accusatoria della precedente ordinanza, senza aggiungere nulla di nuovo: gli ‘interessamenti’ di cui si reiterano le accuse, come emerge dagli stessi atti investigativi, altro non sono che legittima attività politica di collegamento tra una azienda e gli uffici preposti di Regione al fine di meglio comprendere le esigenze dell’Ente e le relative integrazioni” aggiunge il legale.