Sul piede di guerra. E, a conti fatti, a giusta ragione. Sono centinaia i giornalisti professionisti di cui la Rai si serve, spesso da anni, senza che vengano inquadrati. “Atipici”, sono definiti. Parliamo, nella maggior parte dei casi, di autori testi, addetti stampa, esperti tecnico-scientifici che nei contratti vengono siglati come consulenti, pur essendo giornalisti spesso professionisti.
Dovrebbero prestare la loro opera professionale per via telematica e invece eseguono le stesse mansioni dei colleghi dipendenti, svolgendo molte più ore di lavoro nella sede richiesta, o facendo trasferte e percependo compensi nettamente inferiori. E tutto questo nonostante Viale Mazzini conti circa 13mila dipendenti e 1.760 giornalisti interni.
Una situazione che ha del paradossale e che, secondo quanto La Notizia ha potuto verificare, starebbe portando a un’interrogazione già predisposta e che nei prossimi giorni verrà depositata in commissione Vigilanza, con l’obiettivo di chiedere conto a Marcello Foa e Fabrizio Salini di un usus che va avanti ormai da anni e che viola evidentemente tutte le normative statali di lavoro subordinato e continuativo.
La ragione è da ritrovare nel fatto che le collaborazioni tra Viale Mazzini e lavoratori atipici si prolungano spesso negli anni e coprono aree professionali fondamentali per l’azienda. Senza dimenticare che tali lavoratori operano quotidianamente con orari superiori a quelli dei dipendenti, configurando un rapporto da vero e proprio lavoratore subordinato, ma permanendo in posizione di svantaggio rispetto, ovviamente, a chi risulta interno all’azienda. Le differenze, manco a dirlo, sono enormi: nessun diritto al congedo per maternità, nessun diritto per la malattia, nessun diritto allo sciopero.
Senza dimenticare, ancora, il Tfr che ovviamente non esiste. Come se non bastasse, nell’atto che a breve arriverà in Vigilanza si denunciano anche i tempi di liquidazione delle fatture che talora oltrepassano i sessanta giorni. Ma c’è di più. Tutto questo si pone in palese violazione anche rispetto all’accordo che la stessa Rai ha siglato con le organizzazioni sindacali lo scorso 13 marzo 2018, e che si proponeva di affrontare la questione relativa agli atipici prospettando una tempistica di assunzione. Che, invece, è stata disattesa. La ragione? Secondo i comunicati pubblicati al tempo dalle associazioni di rappresentanza, le fasi di trattativa si sarebbero interrotte perché non sarebbe stato trovato alcun accordo su un eventuale percorso di stabilizzazione.
A distanza di oltre un anno, però, nessuno ha ripreso in mano la questione. Nessuno ha mosso più un dito. Ed è da qui che nasce l’esigenza ora di interrogare Viale Mazzini tramite la Vigilanza e di chiedere quale sia l’atteggiamento della nuova dirigenza nei confronti dei giornalisti atipici, siccome finora nessuno si è occupato di loro. E tale quesito ora più che mai è urgente, alla luce, soprattutto, del fatto che, con un esaurimento dei bacini giornalistici, ci potrebbe essere bisogno di personale giornalistico nelle reti e nelle sedi regionali. Ma, a quanto pare, nessuno in Cda ha tenuto conto delle centinaia di finte-partite Iva.
Non è un caso, probabilmente, che lo stesso amministratore delegato, anticipando la stessa interrogazione su cui si sta lavorando, ieri in audizione abbia dichiarato come ci sia la volontà da parte della Rai “di chiudere la questione precari, in ambito giornalistico e in quello dei programmisti registi che svolgono – senza che finora gli sia stata riconosciuta – attività giornalistica”.
L’obiettivo, ha detto Salini, è di giungere alla regolarizzazione degli atipici. Nel corso dell’audizione è stato riferito che è stato anche attivato un tavolo con l’Usigrai per trovare una quadra sulla problematica. L’impegno pare essere concreto, soprattutto alla luca del Piano industriale approvato di recente da Viale Mazzini, che prevede per l’appunto figure giornalistiche regolarizzate. Le parole però – si sa – volano via col vento. Gli accordi scritti, invece, rimangono. E per ora di questi non c’è ombra.