Marcia indietro di Ignazio La Russa. Anzi no. Mezza marcia indietro. Di fronte ad articoli di stampa che avevano denunciato il suo piede in due staffe, ovvero essere la seconda carica dello Stato, e dover svolgere dunque un ruolo istituzionale e di garanzia, e nello stesso tempo ricoprire un ruolo di dirigente nel suo partito, il presidente del Senato ha deciso di non presiedere l’assemblea di Fratelli d’Italia. “Ritengo opportuno mantenere la carica di presidente dell’assemblea nazionale ma lasciare ai miei vicepresidenti il compito di presiedere. Permettetemi però di dire che sul mio ruolo c’è un’attenzione esagerata su cose che, in realtà, appartengono alla normalità”, dichiara ai cronisti, denunciando nei suoi confronti un atteggiamento diverso di quello riservato ai suoi predecessori.
Il presidente di Senato La Russa rinuncia a presiedere l’assise ma si tiene stretto l’incarico nel partito
“Nessun presidente del Senato si è iscritto al gruppo misto – ha spiegato – ciascuno è rimasto nel suo. Ricordo perfino che chi un partito non lo aveva, come il presidente Grasso, persona che stimo, si è costruito un nuovo partito mentre era presidente” di Palazzo Madama, “per non parlare di Casini o tornare a Fanfani o ancor più indietro nel tempo. Noto che c’è un’attenzione esagerata su di me. Invito tutti ad eliminare questa morbosa attenzione ed evitare bugie”. A chi gli chiedeva se l’episodio avesse creato imbarazzo nel partito, replica: “Al contrario deluderò Fratelli d’Italia non presiedendo l’assemblea”.
Dopo l’assemblea, La Russa ha pranzato con la premier e leader del suo partito che lo ha strenuamente difeso: “Ignazio ha dato una grande lezione di stile – le parole di Giorgia Meloni – ma il suo gesto non era necessario”. “Qualcuno ci deve spiegare – ha detto la premier – se abbiamo gli stessi diritti che tutti i partiti politici hanno avuto nel corso della storia. Abbiamo avuto presidenti di Camera e Senato che facevano conferenze stampa presentando i simboli dei partiti con cui si candidavano alle elezioni. Quindi ringrazio Ignazio ma voglio dire che non ritenevo questo gesto necessario, perché noi dobbiamo avere e rivendicare, per noi e per gli italiani che sono d’accordo con noi, gli stessi diritti che hanno gli altri”.
Non è la prima volta che Ignazio mette in imbarazzo il suo partito
Ma la verità è che non è la prima volta che La Russa mette in imbarazzo il suo partito. Basta ricordare alcune sue uscite sfortunate come quando ebbe modo di dichiarare, pochi giorni prima del 25 aprile, che nella Costituzione non c’è alcun riferimento all’antifascismo. O quando per l’anniversario delle Fosse ardeatine si lasciò scappare quella frase choc sull’attentato di via Rasella che causò la rappresaglia: “Furono uccisi – disse – non nazisti ma una banda musicale di semi pensionati”.
O ancora, quando “da papà”, sulle accuse di stupro mosse al figlio disse di nutrire qualche dubbio sulla ragazza. Frasi che misero in imbarazzo la stessa Meloni e a cui La Russa mise rimedio con qualche mezza marcia indietro come quella di ieri. E tutto finora gli è stato perdonato.