Davvero Cinque Stelle e Lega rischiano di perdere la maggioranza in Senato o siamo di fronte all’ultima delle mille suggestioni messe in circolo per far cadere il Governo? Di sicuro l’espulsione di due senatori dai Cinque Stelle e il possibile allontanamento nei prossimi giorni di altri due riduce tra i due e i quattro seggi il margine con le opposizioni. Tutto questo però non farà cadere un bel niente e per paradosso potrebbe persino rafforzare i gialloverdi.
Alla porta della Lega c’è infatti la fila di aspiranti new-entry provenienti da Forza Italia, mentre il Movimento – che non ha mai fatto campagne acquisti di politici di altri partiti – depurato dai dissidenti può manovrare ancora più agilmente, rispondendo a tono a rivolte come quella dei pochi sindaci di Sinistra arrivati a non rispettare una legge dello Stato – il decreto Sicurezza – in nome di una libertà di coscienza che hanno il sacrosanto diritto di rivendicare come liberi cittadini, non certo come pubblici ufficiali che hanno giurato fedeltà alla Costituzione.
Perché qui – diciamolo chiaro – siamo di fronte a soggetti che hanno un impegno legalmente formalizzato con la Repubblica e il popolo italiano, esattamente come i soldati del nostro esercito che al momento di un’eventuale difesa della patria non possono rifiutarsi di usare il fucile perché improvvisamente diventati pacifisti. Un comportamento che si chiama alto tradimento e per il quale in ogni parte del mondo si finisce sotto una corte marziale.
Dopodiché in democrazia tutti abbiamo diritto di far sentire la nostra voce, nel caso dei liberi cittadini usando la rete e soprattutto esercitando il diritto di voto, nel caso dei giornalisti raccontando i fatti ed esprimendo analisi e valutazioni, nel caso dei pubblici ufficiali rivolgendosi alle istituzioni competenti, che nel caso dell’obiezione sul decreto sicurezza avanzata dal sindaco di Palermo Leoluca Orlando e poi da altri suoi colleghi è la Corte costituzionale.
Ma torniamo alla maggioranza che secondo alcuni sarebbe arrivata al capolinea per la ristrettezza dei numeri al Senato. Dal primo giorno del Governo Conte leggiamo e sentiamo politici e commentatori che annunciano crisi irreversibili, strappi anche di carattere personale tra Di Maio e Salvini, arrivati secondo alcuni retroscena a parlarsi solo attraverso le rispettive segreterie. Poi abbiamo visto che su ogni argomento in disaccordo si è sempre trovato un compromesso, qualche volta facendo ingoiare il rospo al Movimento e qualche altra al Carroccio, come è inevitabile quando due forze politiche molto diverse governano sulla base di un contratto. La lealtà tra i leader non è mai venuta a mancare e questo nonostante i gialloverdi abbiano nemici molto abili nel montare tempeste in un bicchier d’acqua, enfatizzando le distanze e sfornando a raffica sondaggi con cui far sentire il fiato sul collo di un vicepremier sull’altro.
In questo quadro era naturale che si utilizzasse il numero sempre più esiguo della maggioranza a Palazzo Madama per tornare a far pressione sulle forze che sostengono l’Esecutivo. Forze che dovrebbero aver insegnato anche ai commentatori meno esperti quanto siano abili ad aggiungere frecce al loro arco, puntellando anche in Parlamento se serve una compagine con un consenso evidentissimo nel Paese, e un grande obiettivo comune di cambiamento che renderebbe difficile giustificare il gesto di chi dovesse staccare la spina.
Vedremo quindi se sarà chiesto il soccorso dei Fratelli d’Italia della Meloni o si andrà avanti serrando le fila e accogliendo nella Lega qualche possibile fuggiasco di Forza Italia, ma scommettere sulla caduta del Governo da qui alle prossime elezioni europee è come comprare azioni della vecchia Parmalat il giorno prima del crollo, mentre invece sono molti i segnali che fanno prevedere la durata per l’intera legislatura, anche se a leggere i giornaloni e nei dibattiti tv sembra che l’Apocalisse sia dietro l’angolo.