Gli equilibri della maggioranza, già fragili in aula, diventano ancora più precari nelle commissioni parlamentari dove si definisce l’ossatura di ogni provvedimento. Il recente studio di Openpolis mette in evidenza una verità scomoda per il governo: le commissioni, veri centri di potere legislativo, mostrano che la solidità numerica della coalizione è più apparente che reale. Qui dove ogni voto pesa come una sentenza, il margine di sicurezza è sottilissimo e ogni dissenso si traduce in una battuta d’arresto.
Commissioni parlamentari: il tallone d’Achille della maggioranza
Le commissioni parlamentari non sono semplici organismi di raccordo ma il cuore pulsante della politica italiana. I provvedimenti vengono emendati, discussi e negoziati prima di affrontare l’aula. Una maggioranza coesa dovrebbe garantire un percorso legislativo fluido e l’attuale governo si trova a fare i conti con dinamiche interne che trasformano ogni seduta in un esercizio di equilibrio politico. Fratelli d’Italia, pur essendo il gruppo di maggioranza relativa, non può agire in autonomia. L’appoggio di Lega e Forza Italia è indispensabile e questo conferisce a ogni partito della coalizione un potere negoziale che rischia di diventare paralizzante.
L’analisi di Openpolis evidenzia che alla Camera, in nove commissioni su quattordici, un dissenso di Lega o Forza Italia può bloccare l’intero iter legislativo. In tre di queste la Lega ha un potere di veto esclusivo, rendendo ancora più evidente la vulnerabilità della coalizione. Solo nelle commissioni Difesa e Politiche dell’Unione Europea la maggioranza può contare su una relativa autonomia. Al Senato la situazione è persino più critica: in commissioni centrali come Giustizia, Bilancio e Finanze, il margine di maggioranza si riduce a un solo voto. Questo significa che anche una singola assenza o defezione può ribaltare il risultato di una votazione.
Non si tratta solo di numeri. La distribuzione dei seggi nelle commissioni riflette tensioni politiche profonde che minano la coesione della maggioranza. Le recenti divergenze tra Lega e Forza Italia sul canone Rai sono solo l’ultimo esempio di una coalizione costretta a navigare tra i compromessi. Ogni partito difende la propria agenda con fermezza e la necessità di mantenere l’unità si scontra con la realtà di una maggioranza costruita su fragili convergenze.
Un governo ostaggio dei numeri e delle tensioni interne
A complicare ulteriormente il quadro ci sono i rapporti con le opposizioni. In un contesto così frammentato il ruolo di chi siede all’altra parte del tavolo diventa strategico. L’opposizione, che nelle commissioni può contare su numeri significativi, non si limita a un ruolo passivo. Ogni proposta è sottoposta a un’attenta verifica e le divisioni interne alla maggioranza offrono spazi di manovra inaspettati. Questo non solo rallenta l’azione di governo ma espone la coalizione a continui rischi di stallo.
Il governo Meloni si trova quindi in una posizione delicata. Da un lato deve garantire la stabilità interna della coalizione, dall’altro deve evitare che le divergenze tra gli alleati si trasformino in uno spettacolo pubblico di fragilità politica. La gestione delle commissioni diventa così un banco di prova cruciale per la tenuta del governo.
La recente vicenda del canone Rai, con lo scontro tra Lega e Forza Italia, evidenzia quanto fragili siano gli equilibri della coalizione. Non basta una maggioranza numerica in aula per governare con efficacia. Le commissioni parlamentari rappresentano un microcosmo delle difficoltà più ampie che il governo deve affrontare: tensioni interne, mancanza di una visione comune e un’opposizione che non esita a sfruttare ogni occasione per mettere in difficoltà l’esecutivo.