Sono molti e diversi gli elementi da tenere in considerazione per valutare la credibilità di un esponente politico e la serietà dei progetti che propone. Uno di questi è sicuramente la coerenza dei numeri, fattore essenziale per valutare la bontà e la fattibilità di una riforma, di un’opera o di una promessa. Sul progetto del Ponte di Messina i numeri sono campo di battaglia di diverse visioni.
Sul progetto del Ponte di Messina i numeri sono campo di battaglia di diverse visioni
Il ministro alle Infrastrutture nonché leader della Lega Matteo Salvini ha usato e usa i numeri dell’occupazione prevista per indorare la pillola di un’infrastruttura dibattuta da anni. Il messaggio è chiaro: se porta lavoro vale la pena compiere un sacrificio economico e ambientale. È il mantra del capitalismo ogni volta che deve giustificare la stonata imponenza dei suoi affari. Il problema è che Salvini – come ha notato il sito Pagella Politica – con i numeri si è ingarbugliato parecchio.
All’inizio erano 120 mila, poi sono scesi a 100 mila, ora sono 50 mila “mal contati”, sulla base di uno studio che però ne stima 33 mila. In poco più di un anno il ministro Salvini ha dimezzato il numero dei posti di lavoro che sarebbero creati dalla costruzione del ponte. Qualche giorno fa la trasmissione Report ha raccontato che i numeri sul risparmio di CO2 che il ministro riferiva allo studio di un’università (che non esiste) arrivavano invece da Giovanni Mollica, che da sempre promuove la costruzione del ponte e che inoltre ha collaborato con il consorzio incaricato alla sua costruzione. La domanda è scontata: vi fidereste di un ponte che attraversa lo Stretto piantato da un ministro così?