La battaglia in camera di consiglio è stata durissima. Sicuramente lunga come non succede quasi mai. Quasi dieci ore di scontro prima di venire fuori con poche parole: ricorso rigettato. E l’ex premier Silvio Berlusconi vola in Paradiso. Con questa decisione la Cassazione rende infatti definitiva l’assoluzione dall’accusa di concussione e prostituzione minorile. Tutto un altro film rispetto a quello che aveva visto in primo grado il leader di Forza Italia condannato a sette anni di reclusione dal tribunale di Milano. La sentenza era però più che discutibile. O questo perlomeno ha ritenuto la Corte di appello che invece decise di prosciogliere il Cavaliere. E adesso che la Suprema corte ha rigettato il ricorso del sostituto procuratore della Corte d’Appello milanese Pietro De Petris sulla vicenda cala il sipario. Un Berlusconi “felice” commenta la sentenza di assoluzione esprimendo la sua soddisfazione in una nota ufficiale: “Ora, archiviata anche questa triste pagina, sono di nuovo in campo per costruire, con Forza Italia e con il centrodestra, un’Italia migliore, più giusta e più libera”. Berlusconi descrive quella di oggi “una bella giornata per la politica, per la giustizia, per lo stato di diritto”. “Ero certo che le mie ragioni sarebbero state riconosciute. Rimane però il rammarico per una vicenda che ha fatto innumerevoli danni non solo a me ma a tutti gli italiani”.
LO SCONTRO
Fino all’ultimo però le toghe non hanno mollato, investendo su un caso che in qualunque Paese civile sarebbe stato definito quanto meno surreale. Nella requisitoria Eduardo Scardaccione, sostituto procuratore generale della Cassazione, aveva rimarcato perciò “la piena sussistenza” dei reati contestati all’ex premier. A partire dall’accusa più grave, quella di concussione, fatta ad avviso del pg nella telefonata di Berlusconi al capo di gabinetto della questura di Milano, Pietro Ostuni. Per i magistrati in quella sede veniva esercitata “una pressione irresistibile per la sproporzione tra il soggetto che subiva la telefonata e il soggetto che da presidente del consiglio aveva chiamato”. L’altro nodo centrale stava nella consapevolezza che Ruby era minorenne, tanto è vero che il capo della scorta dell’ex premier, Ettore Estorelli, “usa la parola affido parlando della ragazza”: “Non c’è alcun dubbio che ci sia stata costrizione, in quella telefonata, e che la indebita prestazione, il rilascio di Ruby, sia stata ottenuta in un settore delicatissimo quale è quello della custodia dei minori”.
MOSSA AZZECCATA
Con un braccio rotto e il tutore, ancora una volta è stato il professore Franco Coppi a rispondere alle obiezioni del pg e cambiare in meglio per il Cavaliere l’esito di un processo destinato a chissà quale esito con i vecchi rissosissimi avvocati, a partire da Nicolò Ghedini. “La sentenza di assoluzione – ha detto – ammette che ad Arcore si sono svolte cene e prostituzione a pagamento, cosa che la difesa non contesta, ma nella sentenza non si trova la prova di alcuna minaccia implicita od esplicita rivolta a Ostuni”. Coppi ha poi aggiunto: “il mio assistito non me ne vorrà, ma io non posso calarmi il velo davanti agli occhi: queste ragazze frequentavano Berlusconi e lo chiamavano quando si trovavano nei guai o avevano dei problemi” ma l’ex premier – ha proseguito Coppi – non sapeva assolutamente che Ruby era minorenne, tanto è vero che nella telefonata nella quale la sente la notte tra il 27 e 28 maggio, le fa una scenata e da quel momento non la vuole più rivedere”.