Nove indagati per la strage di Calizzano, sotto accusa Eni e sette dirigenti

Secondo la Procura il disastro si sarebbe potuto evitare se fosse stata sospesa la produzione per permettere la manutenzione

Nove indagati per la strage di Calizzano, sotto accusa Eni e sette dirigenti

Quanto valgono le vite di cinque lavoratori? Più o meno 255mila euro. È infatti la cifra che Eni avrebbe perso se il 9 dicembre 2024 avesse interrotto l’attività di pompaggio di benzina e gasolio nelle autocisterne che prelevavano il carburante dal deposito di Calenzano (Fi), per permettere lo svolgimento delle opere di manutenzione straordinaria programmate per quel giorno. Un danno insostenibile. Per questo, secondo la Procura di Prato, il pompaggio non fu interrotto, causando l’esplosione che ha portato alla morte di cinque persone e a ingenti danni materiali.

Nove avvisi di garanzia a dirigenti Eni e Sergen

Per quel disastro, ieri, il procuratore di Prato, Luca Tescaroli ha firmato nove avvisi di garanzia (sette dirigenti di Eni e due della società appaltatrice Sergen) e alla società Eni spa, per le ipotesi di reato a vario titolo di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni personali. “Un evento prevedibile e evitabile sulla base delle risultanze investigative”, ha detto Tescaroli, parlando di un “errore grave e inescusabile”.

“Se le pompe” di carico delle autobotti “fossero rimaste chiuse come dovevano dalle ore 9 alle ore 15 del 9 dicembre 2024, sarebbero andati persi circa 255.000 euro di guadagni”, ha sottolineato il procuratore, per il quale “gli interventi di manutenzione, quel giorno, non potevano e non dovevano essere portati avanti in presenza del normale carico delle autocisterne”. Secondo quanto emerso dalla documentazione di sicurezza rilasciata da Eni e Sergen i pm hanno potuto rilevare “la presenza di fonti di innesco, come il motore a scoppio di un elevatore”, che “ha generato calore in un’area ad alto rischio in un momento in cui le operazioni di carico delle autobotti erano parallele alle attività di Sergen”.

Pe i pm l’esplosione fu causata per non interrompere il lavoro

“Per interesse e vantaggio” Eni e i suoi dirigenti, sostiene la procura di Prato, hanno “permesso la contemporaneità dell’attività lavorativa di manutenzione e di carico di autobotti nella stessa area sotto le pensiline, senza interrompere i carichi delle autobotti, agevolando così – ha sottolineato il procuratore Tescaroli – il mantenimento della produttività funzionale all’attuazione delle strategie imprenditoriali dettate dalla stessa casa madre Eni spa ed escludendo la necessità di dilatare i tempi di attesa degli autisti mentre avvengono manutenzioni lungo le pensiline di carico”.

Un modus operandi che si ripete in tutti i depositi Eni

Tale modalità, aggiunge ancora la procura (ed è assai grave), “è risultata indistintamente comune a tutti i depositi, non avendo rilevato specifiche ulteriori sulla documentazione di Eni spa, sicché l’interesse e il vantaggio sono ancor più ampliati su scala nazionale”.

Il depistaggio

Nelle indagini, ha poi aggiunto il procuratore Tescaroli, sono emerse condotte di responsabilità oggettiva da parte di Eni s.p.a. La società “è oggetto di illecito amministrativo” anche “per la condotta di uno dei nove indagati”, che avrebbe “tentato in qualche modo di ostacolare le indagini” sulle cause dell’esplosione, creando una cartella documentale emersa più di un mese dopo l’esplosione.

Nella cartella, con documenti e appunti che compaiono per la prima volta il 27 gennaio, si dà conto della richiesta di Eni a Sergen di rimuovere due valvole. Ma a gennaio 2025 una perquisizione ha fatto scoprire “l’inserimento nella cartella condivisa tra Eni e Sergen di documenti prodotti successivamente al disastro”. Una manovra per i magistrati, tesa “a ostacolare l’individuazione di responsabilità da parte delle figure professionali di Eni”.

Eni: “Totale collaborazione con la Procura”

Da parte sua, Eni ha fatto sapere di “prendere atto delle informazioni di garanzia annunciate ed emesse dalla Procura di Prato” e di “confermare, come fatto finora, la propria piena e totale collaborazione all’autorità giudiziaria, con la volontà prioritaria di contribuire a individuare le cause e le dinamiche ad esse associate all’origine dell’incidente”. Eni “conferma altresì il proprio impegno al risarcimento dei parenti dalle vittime dell’incidente e, con la maggiore tempestività possibile consentita dai tempi dalle attività di perizia, dei danni civili sul territorio, in avanzato stato di definizione complessivo”.

Il gruppo petrolifero ricorda poi che “come appreso, gli avvisi hanno riguardato responsabili e operatori di aree tecnico operative della Direzione Refining Revolution and Transformation di Eni legate alle attività del deposito, esponenti della ditta fornitrice Sergen, nonché la stessa Eni SpA per la responsabilità ex Legge 231, e consentiranno il proseguo delle attività investigative anche con il coinvolgimento dei soggetti interessati”.