Non solo la sconfitta di Le Pen, il conto più salato del voto francese rischia di pagarlo Meloni

Alleati in fuga e numeri in calo: il sogno europeo di Meloni si sgretola tra Le Pen ko, Orbán con Salvini e Vox che le volta le spalle

Non solo la sconfitta di Le Pen, il conto più salato del voto francese rischia di pagarlo Meloni

C’è la sconfitta in Francia di Marine Le Pen che no, non porterà il suo Rassemblement national al governo. C’è il premer ungherese Viktor Orbàn che con il suo gruppo Patrioti per l’Europa, ufficializzato oggi, sfila al gruppo dei Conservatori e riformisti europei (Ecr) di Giorgia Meloni gli spagnoli di Vox e va a braccetto con Matteo Salvini.

Infine c’è il presidente di turno del Consiglio dell’Ue – che incidentalmente è proprio Orbàn – che viene accusato di “slealtà” nonché di mostrare “disprezzo per i doveri della presidenza del Consiglio dell’Ue” dagli Usa e da diversi paesi europei.

Giorgia tra sovranismo e isolamento

Il quadro internazionale per Meloni, colei che a lungo è stata indecisa se lasciarsi abbracciare dal sovranismo spinto o istituzionalizzarsi nell’establishment Ue, è un sentiero stretto che sembra senza via d’uscita. Fallita la missione de “l’Italia che cambia l’Europa”, come recitavano i suoi manifesti elettorali, ora si ritrova a fare i conti con la sua sopravvivenza politica.

La presidente del Consiglio avrebbe voluto essere il ponte tra i i sovranisti e Ursula von der Leyen, proponendosi come irrinunciabile mediatrice per gli uni e per gli altri. La sconfitta di Le Pen in Francia però deresponsabilizza la destra francese che prevedibilmente per i prossimi cinque anni continuerà a fare ciò che l’ha portata a incassare comunque un notevole risultato: opporsi alle politiche Ue senza la benché minima volontà di cercare una qualsiasi mediazione.

Quanta sia la voglia di scontrarsi con Bruxelles lo si legge anche nelle parole di Salvini mentre annuncia festante l’adesione della Lega al nuovo gruppo dei Patrioti, proprio con Le Pen: “I popoli europei – dice il vice di Meloni – hanno dimostrato di volere un cambiamento radicale a Bruxelles contro lo strapotere di burocrati e banchieri, superando definitivamente il disastroso modello degli ultimi cinque anni fondato su scelte filo-islamiche, filo-cinesi ed eco-estremiste con sinistre e socialisti. Oggi nasce finalmente un grande gruppo dei per cambiare il futuro di questa Europa”.

Il dilemma di Giorgia dopo il disastro di Le Pen

È significativo anche che il candidato premier del Rassemblement national, Jordan Bardella, sia stato eletto capogruppo del nuovo gruppo dei partiti di destra proposto dal premier ungherese Orban. L’eurodeputato della Lega, Roberto Vannacci, è stato eletto vice presidente.

Sono 84 gli eurodeputati che fanno parte del gruppo, 12 le delegazioni. L’Ecr di Meloni perde anche gli spagnoli di Vox, per cui la leader di Fratelli d’Italia si era molto spesa nell’ultima campagna per le politiche in Spagna. “Condivideremo il gruppo” al Parlamento europeo con la Lega di Salvini, ma “il nostro alleato politico in Italia è Fratelli d’Italia, è sempre stato così e continuerà a essere così”, dice il presidente di Vox Santiago Abascal, rispondendo a una domanda di LaPresse.

E aggiunge: “A tutti piacerebbe poter continuare a lavorare insieme e sono convinto che nel futuro forse potremmo farlo all’interno di uno stesso gruppo”.  Ma in politica contano i numeri, più che le amicizie. Il gruppo Ecr nel Parlamento europeo scende da 84 a 78 eletti, scivolando al quarto posto, dopo i Popolari, Socialdemocratici e proprio i Patrioti che hanno assorbito il vecchio gruppo di Identità e democrazia. Il gruppo liberale di Renew è al quinto posto con 76 eletti, poco dietro.

A una capa di governo non conviene giocare troppo alla secessione. Meloni sa benissimo che influenzare le scelte della prossima Commissione Ue è una questione di sopravvivenza politica. Per questo mentre i Patrioti l’aspettano, alla fine alla premier converrebbe addirittura entrare nei Popolari. E così la trasformazione nella neo Berlusconi sarebbe completa.