I numeri, raccolti in un dossier pubblicato da Terre des Hommes a fine 2017, sono impressionanti: 5.383 minori vittime di violenza. Circa 15 bambini ogni giorno. In sei casi su 10 si tratta di bambine. Un dato che segna un preoccupante 6% in più rispetto all’anno precedente. Basta questo per capire come la terribile vicenda di Frosinone vada ad inserirsi in un preoccupante filone fatto di abusi, padri-orchi, silenzi e vergogna. “Guardi, le parlo col cuore aperto – dice a La Notizia non a caso la professoressa Maria Rita Parsi, psicoterapeuta e presidente della Fabbrica della Pace Movimento Bambino Onlus – La prima a parlare di incesti familiari e violenze sui minori sono stata io nel 1990 con il mio libro I quaderni delle bambine (Mondadori). In quell’occasione sottolineavo come le denunce fossero pochissime rispetto al sommerso. Eppure venni attaccata duramente e molti gridarono allo scandalo”. Un passo in avanti rispetto a 28 anni fa c’è stato: “Ora la drammaticità della questione sta cominciando ad emergere. La ragazzina che si è affidata all’attenzione dell’insegnante è la risposta del clima di incoraggiamento che le donne hanno dato alle donne nel denunciare queste situazioni. Probabilmente – continua la professoressa Parsi – in epoche passate la ragazzina avrebbe taciuto. E invece ha reagito sull’onda delle denunce e dell’indignazione della società civile”.
Quello che manca – L’informazione, però, non basta. Accanto al peso delle denunce, adesso occorre un processo formativo a largo raggio. “C’è solo una possibilità: équipe medico-psicopedagogiche stabili in ogni scuola delle 41mila italiane”, continua Parsi. Insomma, team interdisciplinari formati da psichiatri, pedagosisti, psicologi, psicoterapeuti, perché “è lì che tu fai prevenzione e scopri eventuali drammi”. L’idea di Parsi è molto chiara: “Bisogna informare il più possibile dando punti di riferimento alle vittime; e poi formare operatori sanitari, scuole e la famiglia stessa”. Sfruttando, casomai, le stesse strutture scolastiche, rendendole così “centri polivalenti formativi per tutta la comunità:i ragazzi devono essere certi di essere ascoltati e capiti. Oggi, invece, si è spesso scoraggiati anche dal modo con cui forze dell’ordine e società civile in genere affronta e sottovaluta il problema”. Ecco, allora, che occorre la presenza fattiva dello Stato, anche nelle carceri: “I sex offender sono sempre persone che hanno alle spalle traumi, abusi o vere e prorie patologie. Ecco perché devono essere aiutati; altrimenti quando escono dalle strutture preposte tornano ad essere pericolosi per sé e per gli altri”.
Dati drammatici – Per ora restano i freddi numeri. Le vittime di violenze sui minori sono per lo più femmine: nel 2016 erano il 58%, percentuale che aumenta quando si tratta di reati a sfondo sessuale. Le bambine sono l’83% delle vittime di violenze sessuali aggravate, l’82% dei minori entrati nel giro della produzione di materiale pornografico, il 78% delle vittime di corruzione di minorenne, ossia bambine con meno di 14 anni forzate ad assistere ad atti sessuali. Degli omicidi volontari (più che raddoppiati in un anno, da 13 a 21 minori vittime), il 62% era una bambina o una adolescente. Numeri. Dietro cui restano vite spezzate.
Tw: @CarmineGazzanni