di Franco Rossi
Un immigrato su quattro sta pensando seriamente di lasciare il nostro Paese. Perché? Semplice: i salari sono più bassi, orari più lunghi e meno diritti sul lavoro; gli impieghi sono dequalificati con peggiori condizioni di vita. In sostanza sono gli effetti della crisi economica sulla condizione lavorativa dei migranti, così come emerge dalla ricerca “Qualità del lavoro e impatto della crisi tra i lavoratori immigrati”, realizzata dall’Associazione Bruno Trentin-Isf-Ires della Cgil. Effetti che, secondo la ricerca, portano il 45,6% degli intervistati, più di 4 su 10, a pensare di dover emigrare ancora. La ricerca descrive drammaticamente la qualità del lavoro degli immigrati in gran parte sminuito, senza la possibilità di progredire nella carriera e che rimane fortemente confinato nei settori a minor valore aggiunto. Il sentimento vissuto dai più è quello della preoccupazione di perdere o non trovare un’altra occupazione. E’ una paura che accomuna la quasi totalità degli immigrati intervistata poiché il lavoro, oltre a garantire un reddito e una vita dignitosa, è la condizione senza la quale non è possibile soggiornare regolarmente nel nostro paese. Per l’85% degli intervistati, la crisi ha apportato dei peggioramenti nella condizione lavorativa. Ma, se da una parte il lavoro sta diventando meno retribuito e più discontinuo, dall’altra le condizioni di lavoro si fanno più rischiose (19,1%) e gli orari più lunghi (22,2%). Inoltre, una parte degli intervistati sente che la crisi sta provocando una più generale perdita dei diritti (12,8%) e aumentando il ricorso al lavoro irregolare (12,1%). La crisi, oltre ad avere avuto un forte impatto sul lavoro, sta, secondo la ricerca, producendo dei cambiamenti importanti anche in altri aspetti della vita dei migranti. Il 94% degli intervistati ha dichiarato che la crisi ha portato dei cambiamenti nel loro modo di vivere