Passano i mesi ma il refrain del governo di Giorgia Meloni è sempre lo stesso, ossia che “le fonti rinnovabili da sole non bastano” e che bisogna necessariamente ripensare al nostro mix energetico per liberarci dalla dipendenza dai combustibili fossili. Proprio quanto ribadito ieri dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, durante l’audizione in commissione d’inchiesta sulle ecomafie in cui ha fatto il punto della situazione. “Ho la soddisfazione di aver sdoganato un tema, quello del nucleare” ha rivelato gonfiando il petto il ministro, parlando con i cronisti a margine del suo intervento.
“C’è un indirizzo del Parlamento su monitoraggio e sperimentazione. Sono convinto che dobbiamo andare avanti sulle rinnovabili, ma la garanzia sul futuro ce l’abbiamo solo con la parte del nucleare pulito e sostenibile” ha proseguito Pichetto Fratin. Poi, se non fosse già abbastanza chiaro, il titolare del dicastero dell’Ambiente ha precisato che a suo dire “il futuro credo sarà dato dagli small reactor e stiamo lavorando in quella direzione”. Che sui micro reattori nucleari a fissione, ossia la tecnologia su cui si basano le attuali centrali nucleari che produce scorie e non quella futuristica e totalmente green della fusione che richiederà altri decenni di sviluppo, sia acceso il dibattito e si stiano concentrando gli sforzi dei ricercatori è cosa nota.
Peccato che per uno strano strano scherzo del destino le parole di Pichetto Fratin arrivino a pochi giorni dalla cancellazione di uno dei tanti progetti in corso. Si tratta di quello di NuScale Power Corp, la prima società ad aver ottenuto l’approvazione del Dipartimento dell’Energia americano per il progetto di un mini reattore nucleare, che avrebbe dovuto creare un impianto nello Utah. A decretare lo stop, come ha fatto sapere l’azienda stessa che comunque ha precisato di non voler abbandonare la ricerca, è stato il recente aumento dei costi dovuti all’inflazione galoppante e ai prezzi elettrici stimati per la produzione di energia. Insomma allo stato attuale sembra che la realizzazione dei small reactor – ossia una tecnologia vecchia di un decennio e mai decollata – e il loro mantenimento sia economicamente svantaggioso, per non dire insostenibile.
Il paradosso nucleare
Ma la cosa più buffa è che nel nostro stranissimo Paese si possa dibattere di un fantomatico ritorno al nucleare, ignorando ben due referendum popolari con cui gli italiani si sono opposti con percentuali bulgare all’utilizzo dell’energia dell’atomo, puntando su mini impianti che, vista l’esigua capacità rispetto a una centrale tradizionale, dovrebbero essere sostanzialmente disseminati in tutta Italia. Eppure questo non sarebbe neanche il più grande problema visto che tutt’ora non stiamo riuscendo a smantellare le 13 installazioni nucleari, quattro delle quali sono le centrali atomiche dismesse negli anni ‘80, e non siamo ancora in grado di risolvere il decennale problema del deposito nazionale in cui stipare le scorie radioattive che abbiamo già prodotto.
Proprio sul punto, ieri il ministro Pichetto Fratin si è detto sicuro che verrà realizzato dall’attuale governo ma non si è sbilanciato sulle date. Peccato che tanta sicurezza si scontra con le sue stesse parole visto che durante l’audizione in commissione d’inchiesta sulle ecomafie ha spiegato che “stiamo aprendo i vincoli di legge che escludono alcune aree dalla collocazione del deposito nucleare delle scorie radioattivi” così da far rientrare tra i siti papabili “tutte le aree militari dismesse” che così “potrebbero essere candidate dal ministero della Difesa e aggiungersi all’elenco dei siti che saranno valutati” nei prossimi mesi. Insomma il paradosso è che il deposito ancora non c’è, anzi la sua realizzazione è ferma alle chiacchiere tanto che è lecito dubitare che si riuscirà a risolvere l’impasse, ma il governo non indietreggia sul tanto agognato ritorno al nucleare, per giunta puntando su tecnologie obsolete, che finirà per aggravare la situazione delle scorie.