di Valeria Di Corrado
Fuori ruolo, fuori aspettativa, fuori dall’Onu e fuori dal Parlamento. Antonio Ingroia è fuori. Fuori tempo massimo. Al Consiglio Superiore della Magistratura non hanno notizie di lui. Lo definiscono un “caso anomalo”, un “unicum”. Questo perché l’aspettativa per “ragioni elettorali” è scaduta con la proclamazione dei risultati delle elezioni del 24-25 febbraio. Non ha ottenuto un seggio alla Camera. Non ha più un contratto con le Nazioni Unite. E non si è preoccupato nemmeno di contattare il Csm per chiedere l’assegnazione di una nuova sede. Una sorta di “desaparecido”. L’ex procuratore aggiunto di Palermo, però, non può restare in eterno in questo limbo: o dà le dimissioni oppure sarà l’organo di autogoverno della magistratura a provvedere d’ufficio assegnandoli una nuova sede. Ma anche in questo caso sorge un problema, essendosi candidato come capolista alla Camera in tutte le circoscrizioni d’Italia. Il Testo unico delle leggi elettorali (dpr n. 361 del 30 marzo 1957), infatti, prevede che “i magistrati non eletti non possono tornare ad esercitare le loro funzioni nella circoscrizione in cui si sono svolte le elezioni, per un periodo di 5 anni”.
Il giro di valzer
Il 26 luglio 2012 il plenum di Palazzo dei Marescialli aveva votato a favore della sua collocazione fuori ruolo per ricoprire l’incarico di capo dell’unità investigativa della Commissione internazionale contro l’impunità in Guatemala (Cicig). Incarico che, ufficialmente, ha rivestito per meno di due mesi, dal 9 novembre al 3 gennaio. Effettivamente, tra ferie natalizie e impegni politici, nel centro America è stato davvero poco. Chi l’ha avvicinato lì ha detto di non essere riuscito a conoscerlo bene, dato che, appena arrivato, è subito partito per una vacanza. Nel frattempo, il 19 dicembre ha chiesto e ottenuto dal Csm un’aspettativa per “ragioni elettorali”. A distanza di dieci giorni, infatti, ha ufficializzato la candidatura come premier a capo della coalizione “Rivoluzione civile”. L’aspettativa è cominciata il 22 dicembre e scaduta l’11 marzo. Ora, quindi, tecnicamente Ingroia è tornato fuori ruolo.
Tutto tace a Palazzo Marescialli
Alla IV commissione dell’organo di autogoverno della magistratura, che si occupa di “aspettative e decadenza dall’impiego”, l’ex pm non ha ancora comunicato di non essere stato eletto. Per quanto ne sanno i consiglieri di Palazzo Marescialli, “è ancora in servizio presso le Nazioni Unite”. Cosa impossibile, dato che lo stesso Ingroia il 3 gennaio ha inviato alla Commissione internazionale contro l’impunità in Guatemala la sua lettera di dimissioni. “Sono stato preposto a un incarico politico in Italia che ho deciso di accettare – si legge nel documento presentato al capo della Cicig, il costaricense Francisco Dall’Anese – Per questa ragione devo ritornare nel mio Paese per cominciare la campagna elettorale in vista delle elezioni”. Circostanza confermata anche dal responsabile dell’ufficio stampa della Commissione, Diego Fernando Alvarez, che ha spiegato: “Il contratto prevede un periodo di prova di tre mesi, durante i quali entrambe le parti possono decidere di non firmare il contratto definitivo. Esattamente quello che è successo con Ingroia”.
La III commissione del Csm, competente per “l’assegnazione delle sedi e il ricollocamento in ruolo”, non avendo avuto notizie di Antonio Ingroia ha aperto d’ufficio una pratica. Si prenderà atto del fatto che l’ex pm non ha comunicato la fine della sua aspettativa e gli verrà richiesto formalmente di scegliere: o la toga o la politica. Una procedura insolita. Di solito infatti i magistrati non eletti chiedono subito di tornare al loro lavoro, visto che non percepiscono lo stipendio quando sono in aspettativa. Nel suo caso, poi, si aggiunge la complicazione di non potergli assegnare una nuova sede. “È un problema serio – spiegano da Palazzo dei Marescialli – Non è mai capitata una situazione così ingarbugliata. Restiamo comunque in attesa del suo giudizio”.